sabato 10 luglio 2010

In cosa crede chi crede?

Recentemente ci sono stati diversi lutti nella mia famiglia. Ho perso una zia a causa di un tumore, e il fratello di mia nonna dopo una lunga malattia. Mi sono rimaste due esperienze impresse nella mente, a riguardo di questi due eventi.

La prima è l'abbraccio tra mia madre e mia zia, sedute sul letto. Eravamo lì per consolare mia zia, ma lei era pienamente cosciente che non vi era più nulla da fare, se non attendere la fine. Si sono strette, piangendo, senza riuscire a dire niente.

La seconda esperienza è stata quella di dover consolare mia nonna per la perdita di suo fratello. Piegata in due dal dolore, sembrava non sentirmi vicino a lei. Allora ho cercato di dirle qualcosa, e quello che sono riuscito ad articolare è stato un "almeno ora è in paradiso e non soffre più", ma senza ottenere alcun effetto.

Credere e credere di credere

Queste due memorie mi sono tornate alla mente leggendo l'articolo «Do Christians REALLY Believe? (part 2)» ("I cristiani credono DAVVERO?") di Common Sense Atheism, che apre con una frase del cabarettista statunitense Doug Stanhope: «se credi davvero che la morte porti alla beatitudine eterna, perché indossi la cintura di sicurezza?».

Già. Se credi che questa vita non sia tutto quello che abbiamo, che non tutto finisca con questa esistenza, perché temi la tua morte e cerchi in tutti i modi di rimandarla? Non dovresti essere contento di addormentarti in questo mondo e risvegliarti nell'altro? Se credi davvero che dopo la morte c'è il paradiso, la beatitudine eterna per tutti i buoni, perché piangi la morte dei tuoi cari? Non dovresti anticipare il momento della vostra riunione eterna, nella pace e nella beatitudine?

L'articolo cita un brano di Adèle Mercier, professoressa di Filosofia della Mente alla Queens' University, intitolato «Religious Belief and Self-Deception» ("Credo religioso e auto-inganno"), tratto dal libro 50 Voices of Disbelief. Mercier distingue tra due livelli del credere, il credere tout-court, di primo livello, e il credere di credere, di secondo livello. Mercier elenca quattro possibili relazioni tra credere e credere di credere.

(a) Si può credere in qualcosa e credere di credere in quella cosa. Questo è il caso più semplice. Io credo che la Terra giri intorno al Sole, e credo di credere nell'eliocentrismo.

(b) Si può credere in qualcosa senza credere di credere in quella cosa. Se chiedessero a qualcuno (riporto l'esempio di Mercier) se vi sono più pesci nel Pacifico che uccelli nelle Galapagos, questa persona risponderebbe che crede che vi siano più pesci che uccelli. Questa credenza non è nata nel momento in cui è stata posta la domanda, dato che la domanda non suggerisce la risposta né fornisce informazioni che la persona non abbia già, dunque la credenza esisteva prima della domanda. Ma questa persona probabilmente non aveva mai pensato a questo fatto, dunque non credeva di credere che vi siano più pesci fino a quando la domanda non è stata posta.

(c) E' anche possibile credere in qualcosa credendo al contempo di non credervi. L'esempio portato da Mercier è quello della Pravda, il quotidiano statale sovietico: i sovietici stessi sapevano che non era affidabile, e affermavano di non credere in quanto esso pubblicava. Ma leggevano quello che vi era scritto, e alla lunga dimenticavano la fonte dell'informazione, e quindi credevano alle notizie della Pravda sebbene credessero di non credervi.

(d) Infine, è possibile credere di credere in qualcosa, ma non credervi. Un esempio è quello dei bambini e di Babbo Natale. Una ricerca ha rivelato che i bambini non credono realmente in Babbo Natale, ma che, dato che i loro genitori si aspettano che lo facciano, credono fermamente di credere in Babbo Natale. In altre parole, sebbene non credano (primo livello) nell'esistenza del portatore di doni, diranno sempre di credervi, anche senza mentire, perché è quello che credono (secondo livello).

Questa ultima combinazione è quella rilevante per il nostro caso, in quanto Mercier afferma che:
la maggior parte della gente non crede realmente alle affermazioni religiose cui sostiene di credere.
In altre parole, davvero molte persone credono di credere che una vita retta e la fede in talune affermazioni religiose garantirà loro la beatitudine eterna, ma molte (non tutte, certo) di quelle persone non credono realmente in questa beatitudine eterna. E la dimostrazione più chiara di questo è proprio nelle reazioni che hanno di fronte alla morte, propria o dei loro cari, cui si reagisce come se fosse la fine e non solo un passaggio da una breve e poco importante esperienza ad una eterna ed appagante vita nell'aldilà.

Credenze non credute

Mercier sostiene che la maggior parte dei credenti non conosca profondamente ciò in cui afferma di credere e, per di più, sia riluttante ad analizzare il contenuto della loro fede.

Su questo non posso che essere d'accordo. In molti casi (e mi riferisco ai cristiani perché sono i credenti con i quali ho i maggiori rapporti) la conoscenza della propria fede si riduce alla preparazione per i sacramenti (cresima e matrimonio in particolare) e alle omelie settimanali, quando non solo al catechismo impartito da bambini. Questioni importanti di teologia non sfiorano mai le menti dei fedeli "comuni", i quali, d'altro canto, non sono neppure interessati ad affrontarle (altrimenti dovrebbe esserci la fila alla catechesi per adulti).

Mercier afferma:
C'è una buona ragione se molta gente rifiuta di esaminare i dettagli delle proposizioni religiose che professa. Diciamocelo, molte credenze religiose di primo livello sono sciocche: che Gesù sia nato da una vergine fecondata da uno spirito santo; che Maometto abbia spaccato la Luna in due; che il male sia la conseguenza di cui Dio ci ha caricato per garantirci la libertà. Tali credenze sono implausibili come Atena che spunta completamente vestita dalla testa di Zeus, la Terra sostenuta da una tartaruga, gli dei che pretendono che delle vergini siano gettati dalle rupi o i cristiani dati in pasto ai leoni. E la maggior parte delle persone lo sa: sono proprio quelli che credono quelli che schernirebbero arrogantemente gli altri.

[...] La religione consiste essenzialmente in credere che le proprie credenze siano giuste, non nell'avere le credenze giuste. Se le credenze religiose di primo ordine avessero un contenuto, questo contenuto potrebbe essere confrontato con la verità. E' proprio perché queste credenze mancano di contenuto che uno può continuare a credere di crederci malgrado tutte le prove. Ma il prezzo per avere credenze di secondo ordine riguardo inesistenti credenze di primo ordine è l'auto-inganno.
In cosa si deve credere per credere?

Per completare il discorso di Mercier, credo sia utile un post dal blog di Loftus. John W. Loftus è un ex-pastore protestante e apologeta, ora divenuto ateo. Laureato in Filosofia, in Teologia e in Filosofia della Religione, ha scritto il libro Why I Became an Atheist e cura il blog Debunking Christianity.

Loftus ha scritto il post «Reality Check: What Must Be the Case if Christianity is True?» (liberamente traducibile con "Verosimiglianza: cosa dev'essere accaduto affinché il cristianesimo sia vero?"), in cui raccoglie trenta tesi sulle quali i cristiani concordano e che sono altamente improbabili.

Alla luce dell'argomentazione di Mercier, c'è da chiedersi se un cristiano crede (primo livello) o semplicemente crede di credere (secondo livello) in queste tesi. Eccone alcune:
3) Esiste un Dio perfettamente buono e onnipotente, che ha creato un universo perfettamente buono per il desiderio/la necessità di glorificare sé stesso premiando col paradiso i pochi esseri umani che sono stati fortunati a credere essendo nati nel posto e all'epoca giusti, e che condannerà all'inferno quelli che non credono.

4) Che il più elevato essere creato, noto come Satana o il Diavolo, ha condotto una ribellione angelica contro un Dio onnipotente onnisciente onni-benevolente onnipresente, e pensava di vincere - cosa che rende Satana fatto di pura malvagità e più stupido di una scatola di pietre.
Queste sono solo un paio di tesi che i cristiani credono di credere (suggerisco di andare a leggere le altre sul sito di Loftus). Ma vi credono davvero, o sono come i bambini di fronte alla storia di Babbo Natale?

La prima foto si intitola «77.365 why are you scared to dream of God, when it's salvation that you want?», ed è opera di ashley rose. La seconda è «belief», di Blue Gum. La terza si intitola «colors of belief» ed è opera di sreeji.. La quarta foto, «Encouragement», è opera di h.koppdelaney.

2 commenti:

  1. Devo dire che l’ho sempre pensato, pur non sapendo come dar voce e fondamento al mio sospetto. Molto interessante. Darò sicuramente un’occhiata al sito di Loftus, sperando che il mio self-made english sia sufficiente.

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