Il testo seguente è la traduzione di un articolo di John Danaher, autore di Philosophical Disquisitions. Il post originale si intitola «Potential Theistic Explanations: Optimality and its Discontents», ed è stato ripubblicato sul blog di Luke Muehlhauser, Common Sense Atheism.
In questo articolo Danaher spiega come Gregory Dawes affronta le critiche al principio di ottimalità come vincolo alle spiegazioni teistiche.
Ricordo che per «spiegazione intenzionale» si intende «ciò che spiega qualcosa in termini delle convinzioni, dei desideri e delle intenzioni di agenti razionali» e che il termine italiano «Disegno intelligente» è una traduzione errata, ma inveterata, per Intelligent design, «Progetto intelligente».
Questo post fa parte della mia discussione del Capitolo 5 del libro Theism and Explanation di Gregory Dawes.
Lo scopo primario di Dawes è quello di mostrare che non esistono buone obiezioni di principio alle spiegazioni teistiche, che possono essere spiegazioni intenzionali genuine. È solo incidentale che non siano buone spiegazioni.
Il Capitolo 5 del libro di Dawes tratta di alcune obiezioni di principio. Poiché l'argomentazione è che le spiegazioni divine sono un tipo di spiegazioni intenzionali, il proponente deve supporre una specifica intenzione divina come spiegazione di una certa situazione.
Gli scettici ritengono che ciò sia insostenibile: non possiamo conoscere la mente di Dio, dunque non possiamo fornire spiegazioni intenzionali divine. L'abbiamo visto l'ultima volta analizzando l'obiezione di Elliot Sober al disegno intelligente.
Dawes risponde a Sober affermando che possiamo imporre alcuni vincoli alle spiegazioni teistiche, utilizzando i principi di razionalità e ottimalità. Il principio di ottimalità afferma che Dio, a causa della sua natura divina, sceglierebbe sempre il mezzo ottimale per raggiungere uno scopo.
Dawes pensa che questo aiuti a vincolare le potenziali spiegazioni teistiche. Se i teisti vogliono affermare che Dio (D) sia la migliore spiegazione per qualcosa (X), allora hanno un fardello doppio: (i) devono proporre uno specifico scopo divino che richiederebbe X; e (ii) devono dimostrare che X sia il mezzo ottimale per ottenere lo scopo divino.
Questo è potenzialmente devastante per il teista in quanto sembra ovvio a molti che il mondo sia impregnato di sub-ottimalità. E questo sembrerebbe implicare che Dio non potrebbe essere una buona spiegazione di ciò che osserviamo.
Per questo motivo alcuni saranno inclini a obiettare contro il principio di ottimalità. Dawes considera quattro obiezioni di queste.
1 Dio non è obbligato ad agire in maniera ottimale
La prima obiezione deriva da alcune assunzioni sull'agire di Dio. Si afferma che poiché Dio è onnipotente e perfettamente libero, non ha alcun obbligo ad agire in maniera ottimale.
Dawes sostiene è che questa obiezione è mal posta. Il principio di ottimalità pone un vincolo sulle potenziali spiegazioni teistiche; non pone alcun vincolo a Dio. Si tratta di un'argomentazione epistemologica, non metafisica o teologica.
Se il teismo vuole entrare nel campo delle spiegazioni, allora deve giocare secondo le regole. Deve offrirsi all'analisi razionale assieme alle altre spiegazioni. Se il risultato di quell'analisi è che Dio può fare tutto ciò che gli pare, allora il teismo è non-analizzabile e non può essere una tesi esplicatoria.
2 Non esiste un'azione ottimale
La seconda obiezione inizia con alcuni paralleli tra l'idea del miglior mondo possibile e la realizzazione ottimale di un intento divino. Certamente se diciamo che X è ottimale, stiamo implicando che X è una caratteristica del miglior mondo possibile, no?
Il problema di questo parallelo, secondo gli oppositori, è che il concetto del miglior mondo possibile è incoerente. Due sono le ragioni avanzate: (i) non esiste una singola scala di valori e (ii) il valore è potenzialmente infinito.
Questi sono problemi che gli utilitariani hanno affrontato a lungo. Per esempio, gli utilitariani edonistici classici hanno sostenuto che il piacere consapevole fosse l'unica misura di valore. «Sciocchezze!» rispose John Stuart Mill. Esiste una varietà di piaceri superiori che non sono commensurabili con i piaceri inferiori. Ma se non esiste una singola scala di valori, allora non possiamo stabilire quale sia il migliore dei mondi possibili.
Allo stesso modo, se il valore esiste in unità, allora è qualcosa che si può sommare ripetutamente (come un insieme infinito). E se è infinito, non esiste un miglior mondo possibile.
Dawes concorda che si tratti di critiche vigorose, ma identifica tre possibili risposte.
Primo, questa obiezione potrebbe semplicemente dimostrare l'incoerenza del teismo. Dopotutto, il principio di ottimalità sembra plausibile: se Dio fosse onnisciente, onnipotente e onnibenevolente, sembrerebbe giusto aspettarsi che agisca in maniera ottimale. Dunque forse il problema non riguarda l'accettabilità del principio di ottimalità ma la stessa idea di Dio. Forse parlare di un bontà perfetta è impelagarsi un pasticcio concettuale.
Secondo, Dawes pensa che sia possibile rigettare il parallelo tra la realizzazione ottimale e il miglior mondo possibile. L'idea qui è che la realizzazione ottimale riguardi caratteristiche specifiche del mondo reale e non caratteristiche generali di tutti i mondi possibili.
Terzo, un giudizio comparativo potrebbe essere tutto ciò che è necessario. In altre parole, anche se non possiamo parlare del miglior mondo possibile, possiamo parlare di un mondo migliore. Questa linea di pensiero è attribuita a William Rowe; se Rowe ha ragione, allora paragonare il merito di realizzazioni differenti di un piano divino dovrebbe essere una bazzecola.
3 Non possiamo elaborare questo tipo di giudizi
La terza obiezione al principio di ottimalità deriva dallo scetticismo modale. Si tratta di qualcosa alla quale ho accennato nel primo articolo sul libro di Dawes. L'idea è che, nel proporre una spiegazione intenzionale, presupponiamo la conoscenza delle opzioni che erano a disposizione dell'agente intenzionale.
Cioè, nello spiegare perché abbiate scelto il gelato al cioccolato, posso immaginare le possibilità a vostra disposizione e avanzare alcune congetture sul motivo per il quale abbiate fatto quella scelta. Il problema è che non possiamo operare in questo modo quando consideriamo Dio come l'agente intenzionale; non abbiamo alcuna idea di quale opzioni fossero a sua disposizione.
Questo tipo di scetticismo modale è promosso da Peter van Inwagen, che lo usa per rispondere al problema del male (Inwagen respinge l'idea che Dio spieghi qualunque cosa; non giungiamo a conoscere l'esistenza di Dio attraverso le prove e l'osservazione).
Dawes formula un paio di risposte. Primo, sostiene che uno scetticismo modale completo sia ingiustificato. Possiamo non essere in grado di commentare tutte le opzioni aperte a Dio, ma possiamo essere in grado di fare alcune valutazioni comparative decenti.
Secondo, lo scetticismo modale ha implicazioni devastanti sulla dottrina dell'onnipotenza divina. L'onnipotenza è generalmente definita in termini di essere in grado di fare ciò che è logicamente possibile. Ma lo scetticismo modale implica che non possiamo neppure sapere ciò che è logicamente possibile. Dunque non possiamo appellarci all'onnipotenza divina.
4 Il Disegno intelligente non è Disegno ottimale
L'ultima obiezione viene dal teorico del disegno intelligente William Dembski. La posizione ufficiale del Disegno intelligente è che il progettista sia intelligente, non necessariamente divino. Dunque il Disegno intelligente non è impegnato all'ottimalità. Naturalmente, Dembski è un teista, ma crede che le argomentazioni di sub-ottimalità debbano essere gestite da una prospettiva teologica e non scientifica.
Supponiamo che il teista sia sfidato da un ateo, il quale sostiene che l'inutile sofferenza nel mondo naturale costituisca una prova contro l'esistenza di un progettista teistico. Dembski risponderebbe cercando di riconciliare la natura di Dio con ciò che osserviamo; in altre parole, costruendo una teodicea. Semplicemente ciò non influenzerebbe ancora la nostra capacità di dedurre il progetto .
Dawes pensa che questo atteggiamento sottostima il problema. Certamente è possibile riconciliare l'esistenza di Dio con l'inutile sofferenza, ma questo funziona solo presupponendo Dio. Non è possibile dedurre l'esistenza di Dio da un mondo naturale sub-ottimo.
In altre parole, a meno che non chiariamo quale sia l'intenzione divina e non adottiamo il vincolo di ottimalità, dobbiamo ammettere che il teismo non è in grado di fornire spiegazioni.
Questa traduzione è rilasciata con la licenza Creative Commons by-nc 3.0.
articolo interessantissimo
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