Questo post è stato scritto da Cristiano, e riguarda l'articolo «Funes e il confine tra scienza e religione». Originariamente costituiva il commento di Cristiano a quell'articolo, ma, dato che ritengo esprima al meglio anche le mie opinioni a riguardo, gli ho chiesto di farne un post completo, e lui ha cortesemente accettato.
Ringrazio il Censore per darmi l'opportunità di esprimere la mia opinione in merito ad un suo post attraverso la pubblicazione di questo mio pensiero.
Tutto nasce dall'intervista del direttore della Specola Vaticana, José Funes, il quale si interrogava sul significato della domanda «Perché esiste l’universo e non il nulla?» dando poi alcune risposte.
Ovviamente noi possiamo leggere questa domanda come: «Dio ha creato l'Universo?».
Innanzitutto sono della ferma opinione che la scienza debba avere la possibilità di indagare su tutto, senza limiti precostituiti ma in un quadro etico preciso e stabilito dalla comunità nella quale la scienza opera. Tale quadro non può e non deve far riferimento a dottrine assolutistiche da considerarsi definitive, ma deve essere il risultato di un processo di sintesi operato dalla società stessa che, se virtuosa (ovvero se opera una buona sintesi), conferisce a ciascun attore che vi agisce pari dignità e libertà di esprimere la propria opinione.
Tutto nasce dall'intervista del direttore della Specola Vaticana, José Funes, il quale si interrogava sul significato della domanda «Perché esiste l’universo e non il nulla?» dando poi alcune risposte.
Ovviamente noi possiamo leggere questa domanda come: «Dio ha creato l'Universo?».
Innanzitutto sono della ferma opinione che la scienza debba avere la possibilità di indagare su tutto, senza limiti precostituiti ma in un quadro etico preciso e stabilito dalla comunità nella quale la scienza opera. Tale quadro non può e non deve far riferimento a dottrine assolutistiche da considerarsi definitive, ma deve essere il risultato di un processo di sintesi operato dalla società stessa che, se virtuosa (ovvero se opera una buona sintesi), conferisce a ciascun attore che vi agisce pari dignità e libertà di esprimere la propria opinione.
Per i detrattori del relativismo, faccio notare che questa condizione esclude, ad esempio, le pratiche pseudo-mediche e criminali dei nazisti, perché la società in cui sono state perpetrate non era né virtuosa né lasciava libertà d'espressione a tutti i suoi attori.
Chiaramente questo sottintende un certo grado di positivismo nel processo di sintesi operato dalla società, ma che volete: sono un'inguaribile ottimista :)
Ciò premesso, direi che sia un fatto oggettivo assodato che il mondo metafisico sia precluso alle indagini della scienza, e non credo ci sia da discutere su questo: l'epistemologia ce lo insegna ormai da almeno un secolo, quando ha posto fine alle millenarie peripezie di quei filosofi cattolici che si sono sbizzarriti a trovare le prove dell'esistenza di Dio.
La scienza infatti non può che indagare esclusivamente il mondo fisico perché il mondo metafisico, per definizione, non può essere affatto indagato: possiamo applicare il principio popperiano di falsificabilità ad un oggetto metafisico? La risposta è no, per definizione, e pertanto qualsiasi congettura su oggetti metafisici è, per l'appunto, una mera congettura e non una teoria scientifica.
Ciò posto, l'essenza della questione è: esistono relazioni tra mondo fisico e metafisico?
Innanzitutto bisogna dipanare un'ambiguità insidiosa e capire se la scienza è in grado di dimostrare l'esistenza di una qualsiasi entità o se il frutto del suo operato non riguardi che la generazione di meri modelli da applicare ad una realtà percepibile solo fenomenicamente: questo punto è di per sè già molto controverso (cd. realismo scientifico).
In ogni caso, possiamo intendere "esistere" sia nel senso stretto del termine se propendiamo per la prima ipotesi, sia nel senso di "esistenza di un modello logico in accordo con la realtà fenomenica" se propendiamo per la seconda. Per rendere evidente quest'ambiguità userò l'underscore intorno al termine _esistere_.
Secondo il principio popperiano richiamato prima, l'_esistenza_ di una relazione tra oggetti fisici e metafisici è essa stessa preclusa all'indagine scientifica perchè una qualsiasi congettura che riguardasse oggetti metafisici e fisici non potrebbe essere sottoposta a falsificabilità.
Possiamo quindi aspettarci risposte scientifiche a domande del tipo "Dio ha creato l'Universo"? Certamente no, né in un senso né nell'altro.
Ed infatti Hawking afferma semplicemente che, secondo una teoria scientifica (credo quella delle stringhe), l'evento "Big-Bang" (la cui _esistenza_ è stata dimostrata dalla scienza), non ha alcun bisogno di un atto esterno per verificarsi: semplicemente non poteva non verificarsi, e questo per via delle stesse leggi che governano l'Universo oggi.
Quindi, se identifichiamo il Big-Bang con la categoria mentale della creazione divina, l'affermazione di Hawking è incontrovertibile: Dio non ha avuto alcun ruolo nel verificarsi del Big-Bang.
Ma questo risponde alla domanda "Dio ha creato l'Universo?".
Se non facciamo più coincidere il Big-Bang con la creazione, la risposta è certamente no.
Allora notiamo un fatto interessante: la domanda "Dio ha creato l'Universo?" non ha alcun senso di per sé perché va declinata nelle categorie mentali proprie dell'epoca in cui viene enunciata.
Ciò è naturale e perfettamente legittimo: la domanda è connaturata alla nostra conoscenza del Cosmo e man mano che lo "conosciamo" meglio la domanda cambia.
In che senso cambia? Diventa migliore? Diventa più precisa? Non voglio esprimermi su questo, ma voglio invece rimanere ancorato al mero fatto oggettivo del cambiamento: nel passato la creazione è stata associata prima creazione della Terra, poi al Big-Bang ed infine, oggi, alle leggi che sottintendono l'Universo, contrapposte al nulla inteso come assenza di qualsiasi legge.
Questo processo di cambiamento può avere una fine? Come detto, la fine di questo cambiamento non può consistere in una risposta scientifica definitiva perché tale risposta non sarebbe inquadrabile in una teoria scientifica.
Ma la fine di questo processo di cambiamento può avvenire se essa, non avendo più senso nella declinazione che ne è stata fatta all'interno del precedente quadro scientifico di riferimento, non può più essere cambiata per declinarsi nel nuovo, ad esempio perché non esistono più categorie mentali a cui far riferimento.
Non so dire se ciò possa realmente accadere ma nessuno può neanche affermare il contrario e la scienza deve essere lasciata libera di proseguire per la sua via anche se questo può significare la morte della domanda in sé.
Alla luce di questo vaneggiamento filosofico, analizziamo le parole di Funes:
- "Dalla fede, invece, sappiamo che senza Dio non si può spiegare l’esistenza dell’universo". E' una congettura perché include un oggetto metafisico, Dio, che non può essere sottoposto a falsificabilità. Ma la frase è intellettualmente disonesta perché la fede non dà alcun sapere, ma esclusivamente credenza. Una frase onesta poteva essere: "Dalla fede, invece, noi credenti siamo convinti che senza Dio non si può spiegare l'esistenza dell'universo". Ciò sarebbe stato condivisibile.
- "Allo stesso tempo la scienza non può rispondere alla domanda essenziale". Vero, lo abbiamo detto poc'anzi. Ma il senso di quest'affermazione, contrapposta a quella che la precede ("Allo stesso tempo"), è un altro: la fede è superiore alla scienza in quanto a capacità di spiegare l'Universo. Di nuovo, disonestà intellettuale: la fede attiene a ciò che l'uomo crede, la scienza a ciò che l'uomo sa. Non ha senso stabilire una relazione d'ordine tra due cose che non possono essere misurate secondo la stessa metrica, a meno che, come fatto nella frase precedente, non si facciamo coincidere le due categorie mentali di "credere" e "sapere" che, per un cattolico, potrebbero al limite ed in effetti essere la stessa cosa.
Il resto delle affermazioni di Funes mi sembra condivisibile.
Un'ultima annotazione. Spesso su questo blog e su altri è stato richiamato il concetto di "persona semplice".
Ora, chiaramente non mi fregio di essere né un fine pensatore né un filosofo della scienza, e le affermazioni che ho fatto sopra credo che sarebbero condivisibili da padre Funes (altrimenti non so come faccia a non diventare schizofrenico).
E allora perché padre Funes fa queste affermazioni che denotano disonestà intellettuale? La risposta non può essere "per spiegare concetti complicati a gente semplice" giustificata dal fatto che anche
la "gente semplice" deve potersi avvicinare alla fede.
Padre Funes fa queste affermazioni perché sa benissimo quale sarà la sua platea in quest'occasione: non credo direbbe mai le stesse cose in un consesso internazionale di epistemiologi. E siccome lo sa, cerca di tirare acqua al suo mulino, affermando la superiorità della fede rispetto alla scienza, ben sapendo che il potenziale lettore appartiene, appunto, alla categoria della "persona semplice", che ha protezioni intellettuali minime per difendersi da simili arbitrarie affermazioni.
Ora, tralasciando il fatto che secondo me questo tipo di atteggiamento è da considerarsi un peccato nel senso stretto del termine perché la disonestà intellettuale rientra nei precetti del nono comandamento "Non fare falsa testimonianza contro il tuo prossimo", mi viene da dire che la fede (come la scienza) non è una materia per gente semplice.
Anzi, bisogna essere ben carrozzati ed avere un sostrato culturale robusto per poterla capire ed apprezzare, altrimenti si finisce con l'aderire acriticamente ad una tradizione di regole e divieti che nulla hanno a che vedere con la religione e la fede, generando mostri tipo l'automobilista che va a farsi benedire l'automobile in Chiesa.
Ciò detto, i prelati e qualsiasi persona credente dovrebbe rifuggire qualsiasi occasione in cui, anche inconsciamente, potrebbero incorrere nel rischio di disonestà intellettuale, ed indirizzare invece il fedele a documentarsi, anche se con fatica, per capire realmente la realtà teistica che lo circonda.
Superlativo!
RispondiEliminameglio di cosi' non la si poteva spiegare
RispondiEliminaClaudio