Michael Nuget racconta l'assurda morte di una donna cui è stata negata l'interruzione di gravidanza che le avrebbe salvato la vita. E non si tratta di qualche paese retrogrado, ma dell'Irlanda:
Savita Praveen Halappanavar, una dentista di 31 anni che viveva a Galway, in Irlanda, era alla diciassettesima settimana di gravidanza quando si è recata allo University Hospital col mal di schiena, domenica 21 ottobre. I medici si sono subito accorti del pericolo di aborto, e che il feto non sarebbe potuto sopravvivere. Tuttavia, si sono rifiutati di rimuovere il feto, perché aveva ancora un battito cardiaco.
Savita ha trascorso tre giorni di dolore, a volte di agonia, mentre l'ospedale ha ignorato le sue ripetute richieste di una interruzione medica della gravidanza. Suo marito, l'ingegnere trentaquattrenne Praveen Halappanavar, afferma che è stato spiegato loro che «Questo è un paese cattolico».
Poiché la sua cervice è rimasta completamente aperta per tutto questo tempo, Savita è stata in prolungato pericolo di infezione, paragonabile a quello che si ha con una ferita aperta e non trattata alla testa. Savita ha poi sviluppato la setticemia, ed è morta domenica 28 ottobre, una settimana dopo l'ingresso in ospedale.
A quel punto i medici avevano già rimosso il feto, ma solo dopo che il suo battito cardiaco si era fermato. Se avessero tolto il feto quando era chiaro che non poteva sopravvivere, la cervice di Savita si sarebbe chiusa prima e lei avrebbe avuto meno probabilità di sviluppare l'infezione.
Rachel Donnelly, portavoce di attivisti pro-choice a Galway, dice: «È stata un'emergenza ostetrica che avrebbe dovuto essere trattata in un modo convenzionale. Eppure i medici irlandesi sono trattenuti dal fare ovvie decisioni mediche per paura di conseguenze potenzialmente gravi».
La situazione irlandese è riconducibile, secondo Nuget, all'unione di due cause: la presa dei dogmi cattolici e la codardia dei politici irlandesi.
Il 13 novembre, il vescovo di Killala, John Fleming, ha affermato:
Infatti, l'Irlanda, senza l'aborto, è riconosciuta come uno dei paesi più sicuri al mondo per essere una madre incinta. Questo è qualcosa di cui dovremmo essere fieri ed è un omaggio alle cure eccellenti fornite dal personale ospedaliero che tratta sia la madre che il bambino non ancora nato con pari dignità e rispetto come persone a pieno titolo. Chiaramente, se la vita della madre è in pericolo, a causa di malattia o di altre condizioni mediche, l'assistenza prestata dai medici farà in modo che riceva tutte le cure mediche necessarie.
Nuget fa notare come questo sia palesemente falso, e, aggiungo io, come sia incredibile che Fleming abbia il coraggio di dire che le donne in pericolo di vita ricevano "tutte le cure mediche necessarie", se queste cure prevedono esplicitamente che il feto non venga rimosso neppure in caso di pericolo di vita.
Il fondamento del punto di vista di Fleming è surreale, nota ancora Nuget; Fleming infatti afferma:
Per coloro che vedono la vita attraverso la lente della propria fede cristiana, i nostri corpi sono sacri; templi dello Spirito Santo, creati ad immagine di Dio e redenti attraverso la morte e risurrezione di Gesù Cristo. Per i cristiani, i nostri corpi non sono nostri per farci ciò che vogliamo. I nostri corpi vengono da Dio, sono creati a immagine di Dio e sono destinati a vivere eternamente con lui in cielo. Questa è la nostra fede, e questo è ciò che ci distingue da coloro che non condividono la nostra fede.
Quella qui sopra è la foto di Savita. Questa donna è morta a 31 perché i medici si sono rifiutati di operare l'aborto che l'avrebbe salvata.
È morta perché Fleming crede che il suo corpo non appartenga a lui ma a "Dio", e, insieme ai medici dell'ospedale e ai cattolici irlandesi, ha imposto questa sua credenza a Savita.
Fleming è moralmente responsabile della morte di Savita. E chi lo sostiene è suo complice.