lunedì 27 giugno 2011

In cosa crede chi crede: politeismo, monoteismo, trinitarianismo

Alcune volte articoli che sembrano trattare argomenti del tutto alieni, come in questo caso «Celts to Anglo-Saxons, in light of updated assumptions» («Dai Celti agli Anglo-Sassoni, alla luce di ipotesi aggiornate»), contengono piccole gemme.

Questo articolo tratta fondamentalmente di filosofia della scienza, discutendo l'uso di modelli psicologici verosimili ma fondamentalmente errati in svariati campi; contiene però un brano rilevante per chi, come me, è interessato alla psicologia della religione.
Per dare un esempio dei difetti di questa metodologia, in molto del lavoro di Rodney Stark sulla sociologia della religione (la produzione antecedente il suo recente materiale  quasi-apologetico) il suo pensiero è incisivo e logico, ma i modelli psicologici sono intuitivi e ingenui e tendono a essere poco influenzati dalle scoperte più recenti delle scienze cognitive.

In One True God offre una spiegazione del motivo per il quale il trinitarismo cristiano sia psicologicamente più soddisfacente del rigido monoteismo degli ebrei e dei musulmani, o del più elaboratamente diffuso politeismo che precede il monoteismo. Ciò che sostengo è che, siate convinti o no, il ragionamento di Stark ha una certa coerenza logica e un certo livello di plausibilità, fintanto che non si esplora la letteratura delle scienze cognitive sulla concettualizzazione degli agenti sovrannaturali.

La letteratura psicologica delineata in Theological Incorrectness indica molto chiaramente che, indipendentemente dalla natura filosofica di Dio come definita da una certa religione, cognitivamente la mente umana ha dei forti vincoli in termini di come rappresenta le astrazioni, così che la grande maggioranza dei credenti concettualizza la divinità nello stesso modo.

Per dirla più chiaramente, anche se gli ebrei e i musulmani sono rigidamente monoteisti e alcuni indù si ritengono politeisti, la loro effettiva immagine mentale del divino non varia così tanto da persona a persona e da religione a religione. In pratica, gli indù che possono accettare sulla carta la realtà di un numero di dei quasi infinito, pure esibiscono una devozione personale solo ad una manciata di essi. Ebrei e musulmani che sono rigidamente monoteisti, non di meno possono avere culti di santi e agenti sovrannaturali minori nel loro universo mentale.

C'è una differenza tra il dire che si accetta la realtà di milioni di divinità e l'essere realmente in grado di focalizzarsi mentalmente su milioni di dèi. Quest'ultima capacità non è possibile, ed ha conseguenze nella vita reale, nel senso che le vere differenze tra un devoto politeista e un monoteista, in termini di stati mentali, sono minime.
Queste conclusioni non sono altro che l'ennesima tessera del puzzle la cui composizione porta a comprendere la nascita del pensiero religioso come prodotto della mente umana. Altri articoli a questo riguardo sono «"Perché crediamo in Dio", una spiegazione evolutiva della religione», «"Ciò che tu vuoi, Dio lo vuole"» e «In cosa crede chi crede?».

Razib Khan, «Celts to Anglo-Saxons, in light of updated assumptions», Gene Expression - Discover Magazine, 23 giugno 2011. L'immagine è «Cross», di David Flanders, e rappresenta un'incisione medioevale a forma di croce con riferimenti trinitari.

domenica 26 giugno 2011

Parlamentari tedeschi vogliono boicottare il discorso di Ratzinger al Bundestag

Il 22 settembre, Joseph Ratzinger parlerà di fronte al parlamento tedesco, al Bundestag. Alcuni parlamentari tedeschi del Partito Social Democratico (SPD) intendono boicottare questo discorso, accusando Ratzinger di opprimere milioni di persone in tutto il mondo.

La proposta di boicottaggio, estesa a tutto l'SPD dal parlamentare Rolf Schwanitz, nota che il parlamento non è luogo dove fare «opera missionaria», e che il suo uso come sede del discorso del Papa lo renderebbe un mero «accessorio decorativo».

L'appello di Schwanitz fa riferimento a Ratzinger come all'«ultimo sovrano assoluto» europeo, le cui posizioni su donne e contraccezione lo rendono responsabile di buona parte «dell'attuale epidemia mondiale di AIDS come pure dell'oppressione, sfruttamento e stigmatizzazione di milioni di persone».

Il capogruppo dell'SPD al Bundestag, Frank-Walter Steinmeier, ha però rigettato la proposta.


In quanto italiano, non posso non ricordare il discorso di Giovanni Paolo II al Parlamento italiano, il 14 novembre 2002; si trattò della violazione palese del principio di separazione tra Stato e Chiesa, alla quale tutti i parlamentari parteciparono.

«Germany: Politicians plan boycott of pope’s Bundestag speech», Secular Europe Campaign, 26 giugno 2011. Michele Ainis, «Libera Chiesa in debole Stato. Troppe ingerenze vaticane nella politica italiana», La Stampa, 23 ottobre 2007.

martedì 21 giugno 2011

Come non farsi risucchiare dalle bufale

Ho trovato questa interessante intervista a Stephen Law, studioso di filosofia e autore di un libro intitolato Believing Bullshit: How not to get sucked into an intellectual black hole («Credere alle idiozie: come non essere risucchiati in un buco nero intellettuale»); si tratta di un libro che analizza le ragioni per le quali le persone arrivano a credere a cose come le profezie dei Maya o al potere dei cristalli (o, più in generale, alle cose che racconta Roberto Giacobbo...). L'intervista, «A field guide to bullshit», è di Alison George ed è stata pubblicata su New Scientist (13 giugno 2011):
Descrive il suo nuovo libro, Believing Bulshit, come una guida per evitare di essere risucchiati nei «buchi neri intellettuali». Cosa sono?

I buchi neri intellettuali sono sistemi di credenze che attirano le persone e le mantengono prigioniere cosicché diventano schiave volontarie di questi sproloqui. Credere all'omeopatia, ai poteri psichici, ai rapimenti alieni - questi sono esempi di buchi neri intellettuali. Mentre ci si avvicina ad essi, bisogna stare molto attenti, perché se si viene risucchiati può essere molto difficile tornare a pensare in maniera chiara.

Ma gli sproloqui di una persona non possono essere le verità di un'altra?

C'è un sistema di credenze riguardo l'acqua che tutti quanti sottoscriviamo: congela a 0 °C e bolle a 100 °C. Siamo fortemente legati a questo sistema, ma questo non lo rende un buco nero intellettuale, poiché queste credenze sono pienamente ragionevoli. Le credenze al cuore dei buchi neri intellettuali, al contrario, non sono ragionevoli. Solo che che appaiono tali a coloro che vi sono intrappolati.

Lei identifica alcune strategie che la gente usa per difendere le credenze da buco nero. Mi parli di una di esse, quella del «giocare la carta del mistero».

Si tratta di appellarsi al mistero per uscire dalle cattive acque intellettuali quando qualcuno sta proponendo, per esempio, credenze paranormali. Dicono cose come «Ah, ma questo va oltre la capacità della scienza e della ragione di decidere. Tu, signor Scienziato Furbone, sei colpevole di scientismo, di presumere che la scienza possa rispondere a qualunque domanda». Spesso questa affermazione è seguita dalla citazione dell'Amleto di Shakespeare, «ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia». Quando la sentite, dovrebbero partire le sirene di allarme.
E questo atteggiamento non si limita solo all'omeopatia o alle teorie del complotto: ha molte cose in comune col pensiero religioso.

lunedì 20 giugno 2011

«Perché crediamo in Dio», una spiegazione evolutiva della religione

Why We Believe in God(s): A Concise Guide to the Science of Faith («Perché crediamo in Dio/negli Dei: una guida compatta alla scienza della fede») è il titolo del libro di J. Anderson Thomson e Clare Aukofer, in cui gli autori presentano al grande pubblico un'esposizione chiara e non specialistica dei recenti risultati scientifici sull'origine, l'accoglimento e la diffusione del pensiero religioso da parte della mente umana.

L'Austin American-Statesman ha pubblicato un'intervista ad Anderson Thomson (Eileen Flynn, «Author offers evolutionary explanation for religion», Austin American-Statesman, 19 giugno 2011); eccone un estratto:
Cosa sperate di ottenere offrendo una spiegazione evolutiva della fede religiosa?

Innanzitutto speriamo di aiutare le persone a capire che le radici della fede religiosa sono dentro di ciascuno di noi, e che questa psicologia è significativamente facile da comprendere. Per fare ciò, volevamo un libro breve e accessibile che un lettore interessato potesse finire in un paio di ore. Come l'idea di Darwin della selezione naturale, la psicologia della religione è significativamente semplice da capire.

Ricercatori di molte discipline hanno tracciato i meccanismi che la mente umana usa per generare, accettare e diffondere le credenze religiose. Le loro scoperte sono sostenute da studi di neuroimmagini che mostrano l'assenza di centri specifici per Dio nel cervello. La mente usa percorsi ben noti e collaudati che originariamente si sono evoluti per altri scopi, principalmente si tratta dei meccanismi che utilizziamo per negoziare con la moltitudine di persone dalle quali dipendiamo e con le quali interagiamo.

Il nostro secondo obiettivo è quello di incorporare questa conoscenza all'interno del dibattito sul ruolo della religione nella società statunitense. James Madison l'ha posto correttamente: «Sosteniamo perciò che in materia di religione, nessun uomo ha i suoi diritti violati dall'istituzione della società civile e che la religione è posta fuori dalla sua giurisdizione». I Padri fondatori immaginavano una repubblica secolare, che avesse non solo la libertà di religione, ma anche la libertà dalla religione.

Riteniamo che la presa della religione sulla politica e sul futuro sia indebolita quando le fondamenta psicologiche della religione sono rivelate. È opera dell'uomo, non discesa dai cieli.

Con tutte le scoperte della scienza e della tecnologia, perché la religione ha ancora oggi una presa così forte sulle persone?

La religione sorge dalla nostra umanità di base, indipendentemente dalla tecnologia. Nel nostro teschio moderno rimane un cervello dell'età della pietra — e gli stessi antichi meccanismi che ci rendono una specie straordinaria e ultra-sociale sono quelli che concorrono a creare la religione.

Il nostro sistema di affezione, la fondamentale relazione di cura tra affini, è solo uno di questi meccanismi. Abbiamo perciò creato Dio/gli dei come super-genitori, molto più potente dei nostri terreni e ora deboli o deceduti genitori, e ci rivolgiamo a Dio nei momenti di sofferenza.

Tutti noi diamo per assodato di poter immaginare una conversazione con qualcuno assente e di ripetere ciò che vorremmo dirgli. È una capacità cruciale per la nostra abilità di vivere nel mondo umano, intensamente sociale. Eppure si tratta di un meccanismo straordinario noto come cognizione disaccoppiata; ci permette di separare le nostre menti nel tempo, nello spazio e nella persona. Manca solo un piccolo passo per interagire con un antenato deceduto o una divinità.
Il resto dell'intervista è sul sito segnalato. Questo, invece, è un elenco degli articolo che ho dedicato ad alcuni risultati scientifici su come funziona il pensiero religioso:

domenica 19 giugno 2011

Per i cristiani statunitensi è lecito non seguire la Chiesa sui «valori fondamentali»

La maggioranza dei cristiani statunitensi ritiene che sia possibile dissentire dalla Chiesa sui «valori fondamentali»; in particolare, il 72% afferma che è possibile farlo in materia di aborto, mentre il 63% non crede ci siano problemi a ignorare il magistero ecclesiale in materia di omosessualità. Per di più, i cristiani statunitensi si sentono a disagio quando le gerarchie ecclesiastiche dettano la linea ai politici, in particolare nel caso dei politici cattolici del Partito Democratico.

Al contempo, i cristiani statunitensi ritengono che queste deviazioni dalla dottrina non portino all'esclusione dalla comunità ecclesiale. Una minoranza consistente ritiene persino che l'aborto non sia da considerarsi un peccato.

Si tratta del risultato di un'indagine del Public Religion Research Institute, secondo la quale questo atteggiamento è diffuso trasversalmente per tutto lo spettro delle denominazioni cristiane, dai cattolici agli evangelici. In particolare, i cattolici statunitensi seguono l'opinione del resto dei cristiani in materia di aborto e sono addirittura più liberali per quanto riguarda l'omosessualità.

Adelle M. Banks, «Most Americans Disagree With Church Teaching On Homosexuality, Abortion», Huffington Post, 10 giugno 2011.

venerdì 10 giugno 2011

Sean Carroll: «L'Universo ha bisogno di Dio?» - La creazione dal nulla

Sean Carroll, astrofisico del California Institute of Technology, ha pubblicato un capitolo intitolato «Does the Universe Need God?» («L'Universo ha bisogno di Dio?») nel The Blackwell Companion to Science and Christianity. In esso spiega il motivo per il quale ritiene che l'Universo non abbia bisogno di Dio.

Il saggio è disponibile all'indirizzo preposterousuniverse.com/writings/dtung/ (anche in pdf), ovviamente in inglese. Qui di seguito riporto alcuni brani interessanti.





Il problema della «creazione dal nulla»
Un modo provocativo di caratterizzare queste cosmologie dell'inizio [cosmologie in cui esiste un primo istante del tempo, NdT] è di dire «l'universo fu creato dal nulla». Si è molto discusso su cosa questa affermazione dovrebbe significare. Sfortunatamente si tratta di una traduzione alquanto fuorviante in linguaggio naturale di un concetto che non è ben definito neppure al livello tecnico. Tra i termini che sono definiti in maniera imprecisa ci sono «universo», «creato», «dal» e «nulla» (si può invece parlare di «fu»).

Il problema della «creazione dal nulla» è che evoca l'immagine di un «nulla» pre-esistente dal quale l'universo apparve spontaneamente – per nulla corrispondente a ciò che è implicato da questa idea. In parte ciò è dovuto al fatto che, in quanto esseri umani inseriti in un universo con una freccia del tempo, non possiamo evitare di cercare di spiegare gli eventi in termini di eventi antecedenti, anche quando l'evento che stiamo cercando di spiegare è definito esplicitamente come il più antico in assoluto. Sarebbe più corretto caratterizzare questi modelli dicendo «c'era un tempo tale che non vi fu un tempo antecedente».

Per fare luce su tutto ciò, è utile pensare allo stato presente dell'universo e procedere all'indietro, piuttosto che soccombere alla tentazione di collocare la nostra immaginazione a «prima» che l'universo venisse ad esistere. Le cosmologie dell'inizio assumono che il nostro viaggio mentale all'indietro nel tempo giungerà alla fine ad un punto del passato in cui il concetto di «tempo» non sia più applicabile. Alternativamente, immaginate un universo che sia collassato in un Big Crunch, cosicché vi sia stato un punto finale futuro per il tempo. Non siamo tentati di dire che questo universo si sia «trasformato nel nulla»; semplicemente ha un momento terminale della propria esistenza. Ciò che accade realmente in questo punto di confine dipende, naturalmente, dalla corretta teoria quantistica della gravità.

Il punto importante è che possiamo immaginare delle descrizioni auto-contenute dell'universo che abbiano un istante iniziale del tempo. Non c'è ragione logica od ostacolo metafisico al completamento della storia temporale convenzionale dell'universo includendo una condizione al contorno a-temporale all'inizio. Insieme all'efficace modello cosmologico post-Big Bang che già abbiamo, questo costituirebbe una descrizione coerente e indipendente della storia dell'universo.

Nulla nel fatto che vi sia stato un primo istante del tempo, in altre parole, implica la necessità di un qualcosa di esterno per causare l'universo in quel momento. Come disse Hawking in un brano celebre:
Fintanto che l'universo ha un inizio, potremmo supporre che abbia avuto un creatore. Ma se l'universo è realmente indipendente, senza confine o limite, non ci sarebbe né inizio né fine, semplicemente sarebbe. Che posto ci sarebbe, allora, per un creatore?

L'immagine è «Insignificance...», di Eden Brackstone (CC by-nc-nd 2.0). L'articolo è debitore di «Sean Carroll: Does the Universe Need God? [link]», Lesswrong, 23 marzo 2011.

mercoledì 8 giugno 2011

Dichiarazione di Dublino sul secolarismo e sul ruolo della religione nella vita pubblica

Domenica 5 giugno 2011, la World Atheist Convention a Dublino ha discusso e adottato la seguente dichiarazione sul secolarismo e sul ruolo della religione nella vita pubblica.

1. Libertà personali
(a) La libertà di coscienza, di religione e di credo sono private e non limitate. La libertà di praticare la religione dovrebbe essere limitata solo dalla necessità di rispettare i diritti e le libertà degli altri.
(b) Tutte le persone dovrebbero essere libere di partecipare egualmente al processo democratico.
(c) La libertà di espressione dovrebbe essere limitata solo dalla necessità di rispettare i diritti e le libertà degli altri. Non dovrebbe esservi alcun «diritto ad offendersi» nella legge. Tutte le leggi sulla blasfemia, sia esplicite che implicite, dovrebbero essere respinte e non dovrebbero essere promulgate.

2. Democrazia secolare
(a) La sovranità dello Stato deriva dal popolo e non da un dio o da dei.
(b) L'unico riferimento alla religione nella costituzione dovrebbe essere un'affermazione che lo Stato è secolare.
(c) Lo Stato dovrebbe essere basato sulla democrazia, i diritti umani e il governo della legge. La politica pubblica dovrebbe essere formulata applicando la ragione, non la fede religiosa, ai fatti.
(d) Il governo dovrebbe essere secolare. Lo Stato dovrebbe essere strettamente neutrale in materia di religione e della sua assenza, non favorendo né discriminando alcuna.
(e) Le religioni non dovrebbero avere alcuna considerazione finanziaria speciale nella vita pubblica, come l'esenzione dalle tasse delle attività religiose, o sovvenzionamenti per promuovere la religione o gestire scuole confessionali.
(f) L'appartenenza ad una religione non dovrebbe essere il fondamento della scelta di una persona per qualunque posizione statale.
(g) La legge non dovrebbe garantire né rifiutare alcun diritto, privilegio, potere o immunità, sulla base della fede o religione o dell'assenza delle due.

3. Educazione secolare
(a) L'educazione statale dovrebbe essere secolare. L'educazione religiosa, se presente, dovrebbe essere limitata all'educazione sulla religione e la sua assenza.
(b) Ai bambini dovrebbe essere insegnata la diversità delle credenze religiose e non religiose in maniera obiettiva, senza alcuna formazione religiosa nelle ore scolastiche.
(c) Ai bambini dovrebbe essere insegnato il ragionamento critico e la distinzione tra fede e ragione come guida alla conoscenza. La scienza dovrebbe essere insegnata libera dall'interferenza religiosa.

4. Una legge per tutti
(a) Dovrebbe esistere una sola legge secolare per tutti, democraticamente scelta ed equamente fatte rispettare, senza giurisdizione per i tribunali religiosi su questioni civili o dispute familiari.
(b) La legge non dovrebbe criminalizzare una condotta privata poiché la dottrina di qualunque religione ritiene tale condotta immorale, se quella condotta privata rispetta i diritti e le libertà degli altri.
(c) I datori di lavoro o gli erogatori di servizi pubblici con credenze religiose non dovrebbero essere autorizzati a discriminare in base ad alcuna caratteristica che non si essenziale per il lavoro in questione.

Michael Nugent, «Dublin Declaration on Secularism and the place of religion in public life», Richard Dawkins Foundation, 8 giugno 2011.

martedì 7 giugno 2011

«L'ateismo è la vera accettazione della realtà»

Paula Kirby
Segnalo l'articolo «Atheism Is the True Embrace of Reality», un articolo di Paula Kirby su The Hibernia Times. L'autrice spiega la ragione che l'ha convinta a passare da una fede assoluta e centrale ad un ateismo militante: la domanda «Come faccio a saperlo?».

Segnalo questo articolo in quanto la stessa domanda è stata centrale nella mia de-conversione.

Kirby racconta:
Come ogni altro cristiano che abbia mai conosciuto, avevo delle idee chiare sul tipo di Dio in cui credevo e, sulla base di quelle idee, accettavo alcune parti del dogma cristiano mentre ne rigettavo completamente altre. [...] In pratica la fede è sempre una questione di selezione e combinazione: i credenti enfatizzano quelle parti che si adattano confortevolmente loro, pur per lo più ignorando quelle parti che non lo fanno, o fabbricando elaborate interpretazioni che permettano loro di pretendere che non dicano ciò che realmente dicono. Fu questa la domanda che affrontai nel 2003: cosa suggerisse che la versione del Cristianesimo in cui credevo io fosse veramente giusta? Esistevano prove migliori per la versione che accettavo che per quelle che rigettavo?

La Bibbia non poteva aiutarmi. Entrambi i tipi di cristiani - gli ultra-conservatori e gli ultra-liberali - trovano abbondante sostegno per i loro punti di vista nella Bibbia, a patto che scelgano con attenzione alcuni brani piuttosto che altri (e, ovviamente, fanno proprio questo, derubricando le parti che non fanno al caso loro sotto il titolo conveniente di «Metafora» o «Mistero»). Neppure la tradizione era affidabile: una credenza falsa non diventa vera semplicemente per essere stata sostenuta per generazioni.

[...]

Quasi tutti i cristiani con i quali ero venuta in contatto «sapevano» che c'era un dio. Anche loro passavano del tempo in preghiera meditativa con lui su base giornaliera. E di conseguenza anche loro «sapevano» com'era fatto Dio. E cosa ci dice di lui tutta quella conoscenza? Quanto erano affidabili quei rapporti personali quando si trattava di stabilire la verità su Dio?

[...] quelli di noi le cui personalità ci conducevano ad abbracciare il mondo e le altre persone in uno spirito di apertura, generosità, accoglienza e tolleranza «sapevano» che Dio faceva lo stesso. E quelli che non avevano la sicurezza di ciò, e che conseguentemente vedevano il mondo come minaccioso e maligno e cattivo, «sapevano» che anche Dio lo vedeva così. È per questo che l'esperienza personale non ci può dire nulla su Dio. Sapere in che genere di dio crede qualcuno ci dice molto a riguardo di quella persona - ma assolutamente nulla sulla verità o meno dell'esistenza di alcun dio.

[...]

Gli atei riconoscono che abbiamo bisogno di una prova per giungere a conclusioni affidabili sulla realtà e che, fin'ora, coloro che affermano l'esistenza di un dio hanno marcatamente fallito nel fornirla. E gli atei si interessano alla realtà: non a ciò che sarebbe confortevole credere, o a ciò in cui si crede tradizionalmente, o a ciò che ci hanno insegnato a credere.

Articolo segnalato in: Jerry Coyne, «Paula Kirby: Why I’m an atheist», Why Evolution Is True, 7 giugno 2011.

lunedì 6 giugno 2011

Parole sante

Jabez Thomas Sunderland
Dal blog Why Evolution is True, di Jerry Coyne, riporto queste parole del pastore statunitense Jabez Thomas Sunderland, dal suo libro The Bible: its origin, growth, and character, and its place among the sacred books of the world (1893).
Dunque sappiamo che una delle più diffuse e continuative lotte della razza è stata quella che ha combattuto per sfuggire ai legacci del passato e del superato, che il dominio dei cosiddetti «infallibili» libri sacri le ha sempre imposto.

Ma come può farlo? Generalmente non è in grado di farlo direttamente, ma è indirizzato a metodi indiretti. Il metodo più frequentemente usato è quello dei nuovi, e, va confessato, più o meno perversi e falsi, metodi di interpretazione. Gli uomini si autorizzano convenientemente a lasciar cadere sullo sfondo alcune delle più incredibili e obiettabili cose che i libri contengono; sviluppano una capacità meravigliosa nello spiegare contraddizioni e inaccuratezze e cose che l'aumento della conoscenza ha dimostrato non essere vere e nel leggere nei libri in un migliaio di passi ogni tipo di nuovo significato e di cosiddette «interpretazioni più profonde», per armonizzare gli insegnamenti dei libri con l'aumentata conoscenza. Ciò che realmente appartiene alla mente del lettore è attribuito a quella dell'autore. Il significato naturale e semplice delle parole è messo da parte. Interpretazioni forzate sono imposte ai brani allo scopo di obbligarli ad armonizzarsi con ciò che si presume debbano significare. Nei libri si scoprono affermazioni, dottrine, allusioni che non solo non esistono in quelle pagine, ma che sono assolutamente straniere all'epoca in cui furono scritte.
Parole sante.

E questo non solo nel caso delle profezie dell'Antico Testamento reinterpretate per adattarle alla nascente dottrina cristiana (una fra tutte quella della giovane donna incinta di Isaia 7:14 divenuta la vergine di Matteo 1:23), né nel caso di alcuni recenti dogmi cattolici, ma anche nella semplice e, direi, «quotidiana» interpretazione del testo rivelato: ogni volta che è incompatibile con la conoscenza acquisita o con la morale contemporanea, gli si adatta un'interpretazione che permette di fargli dire quello che non dice ma che convenga che dica.

Jerry A. Coyne, «Prescient words», Why Evolution is True, 3 giugno 2011.

domenica 5 giugno 2011

Ratzinger le canta chiare e forti alle famiglie di fatto!

In occasione della visita di Sua Santità Benedetto XVI in Croazia, il Santo Padre ha pronunciato un'omelia in cui difende i valori della vita e del matrimonio. In particolare ha detto chiaro e tondo:
Care famiglie, siate coraggiose! Non cedete a quella mentalità secolarizzata che propone la convivenza come preparatoria, o addirittura sostitutiva del matrimonio! Mostrate con la vostra testimonianza di vita che è possibile amare, come Cristo, senza riserve, che non bisogna aver timore di impegnarsi per un’altra persona!
Finalmente qualcuno che gliele canta chiaro alle famiglie di fatto! Grazie, Ratzinger.

La prossima volta che incontrerò il mio amico Maurizio, la sua compagna e le loro due splendide figlie, o il mio amico Peppe, la sua compagna e la bambina che hanno avuto, spiegherò loro che non sono coraggiosi, che non amano senza riserve e che la loro maternità e paternità sono prive di impegno per un'altra persona. Ah, maledetta mentalità secolarizzata!

P.S.: incidentalmente, va sottolineato come Ratzinger abbia invocato l'intercessione e l'aiuto del beato Alojzije Stepinac per la Croazia e i croati tutti, affermando poi che Stepinac avrebbe difeso «serbi, ebrei, zingari» durante il regime ustascia; eppure qualcun altro afferma di aver trovato documenti che dicono il contrario, secondo i quali Stepinac fu l'ideologo del regime di Ante Pavelić. Ma, si sa, ogni tanto la Chiesa cattolica fa qualche confusione, quando si tratta di dittature.

sabato 4 giugno 2011

Cristiani si offendono ancora: la diocesi di Valenza contro il Valencia CF

Il Valencia CF, squadra di calcio di Valenza, ha commissionato una nuova pubblicità per promuovere gli abbonamenti per la stagione 2011/12. Lo slogan è «Nostra fuerza es tu fe. Cree.» (La nostra forza è la tua fede. Credi.). La pubblicità mostra una persona che si confessa in una chiesa, lamentando che col passare del tempo le cose non vanno bene, e il prete che lo invita ad avere fede; due calciatori del Valencia compaiono vestiti da monaci.



Ovviamente questo video non è piaciuto ad alcuni cattolici valenzani; l'arcivescovado di Valenza ha dichiarato di aver ricevuto molte telefonate di protesta contro lo spot; le lamentele si sono concentrate sulla presunta parodia  dei «sacramenti dell'Eucaristia e della Penitenza» (anche se non c'è traccia della prima nel video), e alcuni soci del club hanno dichiarato di provare «vergogna e indignazione» per la scelta del club.

Ovviamente il Valencia CF ha subito emesso un comunicato in cui afferma che non c'era alcuna volontà di offendere i cristiani, eccetera, eccetera.

Insomma, ancora una volta i credenti si offendono.

«La iglesia, "indignada y avergonzada" con la 'poca fe' del Valencia CF», Público.es, 3 giugno 2011.

venerdì 3 giugno 2011

«La Bibbia è blasfema e va censurata»: lo dicono dei musulmani radicali pachistani

Il Pakistan sembra essere una miniera inesauribile del fanatismo religioso. Non paghi di avere la pena di morte per chi parla male di Maometto, di uccidere coloro che difendono le minoranze religiose, di censurare i siti che pubblicano immagini del Profeta, ora i radicali musulmani pachistani vogliono censurare o bandire la Bibbia perché sarebbe blasfema (Patrick Goodenough, «Pakistani Muslim Clerics: Ban the Bible», CNSNews, 1 giugno 2011):
«Un gruppo di chierici radicali in Pakistan vuole che la Corte suprema del paese dichiari alcuni brani della Bibbia blasfemi - perché raffigurano come imperfetti alcuni personaggi biblici che i musulmani considerano profeti islamici.

Se la Corte non dovesse acconsentire, dicono, allora gli avvocati faranno richiesta che la Bibbia sia formalmente bandita in Pakistan»
La richiesta non cita esplicitamente i passaggi incriminati, in quanto anche metterli per iscritto o leggerli durante un processo potrebbe portare qualche fanatico ad avanzare un'accusa di blasfemia, ma esempi di questa «blasfemia» nel Corano sarebbe la storia di Davide, che per l'Islam è un profeta, il quale mandò a morte il marito di una donna che concupiva, per poterla sposare.

O, come racconta il blog Dwindling in Unbelief («The Pakistani Clerics are right: The Bible is blasphemy (Try reading Genesis 19 sometime)», 1 giugno 2011), quello di Lot, che per l'Islam è un esempio di virtù, ma che nella Bibbia è rappresentato mentre, ubriaco, mette incinte le due figlie; un comportamento certo poco virtuoso, ma che dire del fatto che lo stesso Lot, nella Bibbia e nel Corano, offre le due figlie come oggetti sessuali ad una folla inferocita? Probabilmente questo comportamento per i musulmani non è immorale, semplicemente perché questo è incluso nel Corano...

Ah, nel caso che qualcuno pensasse che i fanatici siano solo tra i musulmani, ecco perché questi chierici pachistani chiedono la censura o il bando della Bibbia:
«Citando il rogo del Corano da parte del pastore della Florida Terry Jones, il capo dell'iniziativa, Abdul Rauf Farooqi, ha affermato che vorrebbe ripagare questi “blasfemi” facendo lo stesso alla Bibbia, ma non vuole seguirne le orme.»
Sta ovviamente parlando del rogo del Corano praticato dal pastore protestante Jones, a seguito di un finto processo che ha dichiarato il libro musulmano colpevole di crimini contro l'umanità, che aveva causato almeno dieci morti innocenti per ritorsione in Afganistan.

Cambia la religione, ma il fanatismo è lo stesso.

L'immagine della Bibbia poliglotta - latino, ebraico, greco, arabo e caldeo - è «Bible polyglot», di sukisuki, CC by-nc-sa 2.0.

giovedì 2 giugno 2011

Chi cerca trova: un esempio di come gli esegeti ritrovino nelle scritture quello che già sostengono

Ho appena ritrovato un articolo di qualche mese fa del professor Giovanni Bazzana, intitolato «Proibire l'ira?», sull'esegesi di Agostino d'Ippona riguardo ad un passaggio del «discorso della Montagna» di Gesù (Vangelo secondo Matteo, 5-7).

Avevo salvato questo articolo perché contiene un ennesimo esempio di come i credenti trovino nelle «Sacre Scritture» ciò in cui già hanno scelto di credere.

Bazzana narra di come Agostino l'Ippona commentò il versetto 5:22, in cui Gesù proibisce di arrabbiarsi. In una prima opera, intitolata De sermone Domini in monte, Agostino commentò la versione Vetus latina del Vangelo, in cui sta scritto «Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello senza ragione, sarà sottoposto a giudizio»; sulla base di quel «senza ragione» Agostino spiega che esiste un'ira accettabile, quella motivata, e una inaccettabile, quella immotivata.

Successivamente Sofronio Eusebio Girolamo fu incaricato di rivedere la traduzione latina del Vangelo sulla base dei manoscritti greci; poiché pochissimi di essi conteneva quel «senza ragione», nella sua nuova versione latina, la Vulgata, Girolamo non incluse quelle parole. Agostino, venuto a conoscenza della rimozione del testo che giustificava la sua distinzione tra l'ira «buona» e quella «cattiva», scrisse un nuovo testo, intitolato Ritrattazioni, in cui spiegò che esistono comunque due tipi di ira, una accettabile e una no: sulla base del «con il proprio fratello», Agostino infatti sostenne che l'ira contro la persona è sbagliata, mentre è giusta quella contro il peccato.

Bazzana conclude giustamente:
La prima cosa interessante da notare è quanto il testo della Scrittura (contrariamente a molte dichiarazioni di principio) sia un fattore esegeticamente assai relativo per uno come Agostino (ma non e' il solo): il testo puo' ben cambiare, ma quello che lui vuole fargli dire di certo no.
E questa non è certo una novità: basti pensare alle interpretazioni arzigogolate delle parole di Gesù, necessarie per rendere compatibile quanto da lui detto con quanto i cristiani vogliono credere; oppure a tutti i distinguo sulle immorali storie dell'Antico (e Nuovo) Testamento; infine, basti considerare che sono i credenti a crearsi un Dio a propria immagine e somiglianza.

L'immagine è «It suits me better to slay», di Alex(inyoureyes), CC-by-nc-sa 2.0.

mercoledì 1 giugno 2011

Dennett commenta le ragioni della fede

Daniel Dennett è un filosofo americano, famoso per «sporcarsi le mani» nel portare i temi trattati tra filosofi alla gente comune. È anche uno dei «quattro cavalieri dell'Apocalisse» del «Nuovo Ateismo» (anglosassone), assieme a Richard Dawkins, Sam Harris e Christopher Hitchens.

Ecco un piccolo estratto di una sua intervista, pubblicata dal The Irish Times nell'articolo «Bright star of the atheist universe»:
Penso che molta gente si aggrappi alla religione perché ritengono che nulla possa prenderne il posto. Non è poi così meravigliosa, ma vivere senza di essa sarebbe terribile. Bene, facciamo un respiro profondo e vediamo cosa possa prenderne il posto. Cosa la religione fa estremamente bene? Ci sono altre istituzioni che potrebbero fare altrettanto bene, se non meglio? Naturalmente lo stesso pensiero che si possa voler sostituire la religione con qualcos'altro riempie molta gente di paura, disgusto e sgomento. Ma è perché non ci hanno mai pensato.