lunedì 27 giugno 2011

In cosa crede chi crede: politeismo, monoteismo, trinitarianismo

Alcune volte articoli che sembrano trattare argomenti del tutto alieni, come in questo caso «Celts to Anglo-Saxons, in light of updated assumptions» («Dai Celti agli Anglo-Sassoni, alla luce di ipotesi aggiornate»), contengono piccole gemme.

Questo articolo tratta fondamentalmente di filosofia della scienza, discutendo l'uso di modelli psicologici verosimili ma fondamentalmente errati in svariati campi; contiene però un brano rilevante per chi, come me, è interessato alla psicologia della religione.
Per dare un esempio dei difetti di questa metodologia, in molto del lavoro di Rodney Stark sulla sociologia della religione (la produzione antecedente il suo recente materiale  quasi-apologetico) il suo pensiero è incisivo e logico, ma i modelli psicologici sono intuitivi e ingenui e tendono a essere poco influenzati dalle scoperte più recenti delle scienze cognitive.

In One True God offre una spiegazione del motivo per il quale il trinitarismo cristiano sia psicologicamente più soddisfacente del rigido monoteismo degli ebrei e dei musulmani, o del più elaboratamente diffuso politeismo che precede il monoteismo. Ciò che sostengo è che, siate convinti o no, il ragionamento di Stark ha una certa coerenza logica e un certo livello di plausibilità, fintanto che non si esplora la letteratura delle scienze cognitive sulla concettualizzazione degli agenti sovrannaturali.

La letteratura psicologica delineata in Theological Incorrectness indica molto chiaramente che, indipendentemente dalla natura filosofica di Dio come definita da una certa religione, cognitivamente la mente umana ha dei forti vincoli in termini di come rappresenta le astrazioni, così che la grande maggioranza dei credenti concettualizza la divinità nello stesso modo.

Per dirla più chiaramente, anche se gli ebrei e i musulmani sono rigidamente monoteisti e alcuni indù si ritengono politeisti, la loro effettiva immagine mentale del divino non varia così tanto da persona a persona e da religione a religione. In pratica, gli indù che possono accettare sulla carta la realtà di un numero di dei quasi infinito, pure esibiscono una devozione personale solo ad una manciata di essi. Ebrei e musulmani che sono rigidamente monoteisti, non di meno possono avere culti di santi e agenti sovrannaturali minori nel loro universo mentale.

C'è una differenza tra il dire che si accetta la realtà di milioni di divinità e l'essere realmente in grado di focalizzarsi mentalmente su milioni di dèi. Quest'ultima capacità non è possibile, ed ha conseguenze nella vita reale, nel senso che le vere differenze tra un devoto politeista e un monoteista, in termini di stati mentali, sono minime.
Queste conclusioni non sono altro che l'ennesima tessera del puzzle la cui composizione porta a comprendere la nascita del pensiero religioso come prodotto della mente umana. Altri articoli a questo riguardo sono «"Perché crediamo in Dio", una spiegazione evolutiva della religione», «"Ciò che tu vuoi, Dio lo vuole"» e «In cosa crede chi crede?».

Razib Khan, «Celts to Anglo-Saxons, in light of updated assumptions», Gene Expression - Discover Magazine, 23 giugno 2011. L'immagine è «Cross», di David Flanders, e rappresenta un'incisione medioevale a forma di croce con riferimenti trinitari.

3 commenti:

  1. Nient'altro che una segnalazione :

    http://www.presseurop.eu/it/content/article/743721-geert-wilders-il-nostro-moderno-voltaire

    :-)

    Davide

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  2. Sono naturalmente contento che Wilders sia stato assolto, e deploro alcune sentenze come quella austriaca in cui è stato ridefinito il concetto di "pedofilia" per poter procedere alla condanna della donna che aveva accusato Maometto di essere un pedofilo.

    Ma l'articolo fa troppa confusione, mischiando libere espressioni del pensiero con reati belli e buoni.

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  3. Questa storia austriaca mi manca ...

    Davide

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