venerdì 22 febbraio 2013

Perché gli atei non se la prendono con i buddisti?

Qualche tempo fa Andrea Tornielli, vaticanista de La Stampa, pubblicò un articolo intitolato "Quel pregiudizio negativo sul Papa nel web italiano", in cui commentava i risultati di un'indagine effettuata sul web italiano da Reputation Manager e che confrontava i contenuti relativi alle figure di Benedetto XVI e del Dalai Lama. Tornielli lamentava il generale tenore negativo dei contenuti pertinenti il pontefice, a differenza di un atteggiamento più equilibrato presente nei commenti relativi a Tenzin Gyatso:
I risultati dicono che Web, video e social network, concordemente, appaiono «equilibrati» sul Dalai Lama, «emotivi, e non in positivo» sul Papa. «La sintesi offerta dall'analisi dell'impatto emotivo delle conversazioni rilevate da Reputation Manager su queste due importanti figure religiose offre una fotografia molto chiara: quasi la metà dei contenuti online sul Papa (48,74%) ha un tono negativo e un impatto lesivo; solo il 7% è positivo ma generalmente tiepido, poco entusiasta; il resto ha valore neutro. Il Dalai Lama è invece decisamente più popolare sul web , sia quantitativamente (53% contro 47%, come totale delle conversazioni) che qualitativamente: il 26% dei contenuti online è positivo, e solo l’8% negativo, ma non lesivo, perché l’impatto emotivo delle parole utilizzate è in generale equilibrato, sia sui toni positivi che su quelli negativi».
[...] Il primo video su Benedetto XVI, con oltre mezzo milione di visualizzazioni e tantissimi commenti, si chiama “Papa Ratzinger....in tutta la sua cattiveria!” e fa ben oltre cinque volte tanto il video più visualizzato sul Dalai Lama (meno di 90.000 visualizzazioni) che ha come tema i suoi aforismi di saggezza. La presenza in video di Benedetto XVI è in effetti nettamente sbilanciata sul versante “parodie”, “rivelazioni” e “critiche”, spesso feroci».
La situazione non appare migliore, secondo la ricerca, sui social network: il Dalai Lama ha al suo attivo ben 4.390.916 fan su 290 pagine dedicate e 71 gruppi attivi su Facebook. [...] Per quanto riguarda il Papa, «i numeri sono nettamente più bassi: 263.032, su 154 pagine e 62 gruppi attivi, ma in questo caso, tranne i primi intestati al pontefice in modo neutro col suo nome (Benedetto XVI, papa Benedetto XVI), la stragrande maggioranza è pesantemente sbilanciata sul negativo, come si evince scorrendone i titoli, sbeffeggianti o addirittura offensivi. Anche qui, però, solo l’1,8 % dei fan è attivo, segno che non c’è un accanimento crescente o portante del trend negativo».
I risultati di questa indagine mi sono tornati alla mente quando ho visto la seguente immagine, che riporta un pensiero del Dalai Lama:


La citazione, rintracciabile nel libro Dalai Lama: A Policy of Kindness (Sidney Piburn, Motilal Banarsidass Publ., 2002, p. 31) è traducibile come:
Dobbiamo fare ricerca e poi accettarne i risultati. Se non reggono alla sperimentazione, le parole dello stesso Budda devono essere scartate.
Una ricerca tra gli articoli di questo blog ne restituisce diversi relativi a Benedetto XVI, e certo non celebrativi, ma nessuno, prima di questo, sul Dalai Lama. Forse la ragione di questa discrepanza non sta nella malignità della Rete, quanto nell'abissale differenza di spessore morale tra le due figure.

Andrea Tornielli, "Quel pregiudizio negativo sul Papa nel web italiano", Vatican Insider, 11 settembre 2012.

martedì 19 febbraio 2013

Peter Turkson, cardinale ghanese in cima alla lista dei papabili, ha difeso le legislazioni omofobe africane

Il cardinale ghanese Peter Turkson, uno dei porporati in cima alla lista dei papabili per il prossimo conclave, ha difeso le legislazioni africane che condannano penalmente l'omosessualità, sostenendo che è necessario comprendere le ragioni dietro queste legislazioni e rispettare la cultura che ne è alla base.

Come riportato dal quotidiano cattolico National Catholic Register:
In un discorso tenuto il 28 gennaio [2012] a 54 nazioni africane alla Conferenza dell'Unione Africana ad Addis Abeba, [il Segretario generale dell'ONU Ban] Ki-moon ha detto che la discriminazione basata sull'orientamento sessuale o l'eguaglianza del gender «è stata ignorata o persino punita da molti Stati per troppo a lungo». Ha aggiunto che alcuni governi trattano le persone omosessuali come «cittadini di seconda classe o persino come criminali», e che «dobbiamo essere all'altezza degli ideali della Dichiarazione Universale».

Secondo il Catholic Family and Human Rights Institute (C-FAM), la maggioranza dei paesi africani disapprova l'omosessualità in quanto immorale e degradante, e molti puniscono gli atti omosessuali, alcuni giungendo persino a comminare la pena di morte. Molte di queste leggi sono successive al periodo coloniale e sono state promulgate negli ultimi dieci anni. Nella maggior parte dei paesi, i diritti di «lesbiche, omosessuali, bisessuali e transgender» non sono neppure contemplati come possibilità in un futuro distante.
Questa dichiarazione incontrò la dura reazione del cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio consiglio "Cor Unum", il quale attaccò questa posizione dell'ONU affermando che le parole di Ki-moon erano «stupide» e che la politica da esse convogliata «non è la nostra cultura, è contraria alla nostra fede», chiosando «non è possibile imporre ai poveri questo genere di mentalità europea».

Turkson, presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, si schierò al fianco di Sarah, sostenendo che sebbene alcune pene imposte agli omosessuali in Africa fossero una «esagerazione»,
«l'intensità della reazione è probabilmente commisurata alla tradizione.»
Commentando poi lo stigma connesso all'omosessualità in Africa, ha sostenuto che fosse importante comprenderne le ragioni e rispettare la cultura alla loro base:
«Proprio come c'è un significato nel richiedere i diritti, c'è anche una chiamata a rispettare la cultura, di tutte le persone». «Quindi, se viene stigmatizzata, in tutta onestà, è probabilmente giusto scoprire il perché sia stigmatizzata».
Insomma, riferendosi alle legislazioni di un continente in cui gli omosessuali sono perseguitati, e passibili persino di pena di morte, uno dei cardinali in cima alla lista dei papabili ritiene che sia importante comprendere e accettare la cultura alla base di tale omofobia, perché è giusto rispettare tutte le culture e le tradizioni.

Oltre a un cardinale che ha coperto per decenni i preti pedofili della sua arcidiocesi, al prossimo conclave parteciperanno almeno due che ritengono accettabile l'omofobia, anche quella codificata nelle legislazioni. E uno di questi, purtroppo, è persino in cima alla lista dei papabili.

Edward Pentin, «Cardinal Responds to U.N.'s Criticism of Africa's Social Policies», National Catholic Register, 21 febbraio 2012; Cavan Sieczkowski, «Cardinal Peter Turkson, Possible Pope Successor, Has Defended Legislation Like Uganda's 'Kill The Gays' Bill», Huffington Post, 13 febbraio 2013. Fotografia di Bongoman (Opera propria) e rilasciata sotto licenza [CC-BY-SA-3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], attraverso Wikimedia Commons.

Per i cattolici i feti sono persone, a meno che non significhi pagare di tasca propria

Un ospedale cattolico statunitense, citato in giudizio per omicidio colposo, rigetta la dottrina cattolica sostenendo che i feti non sono persone.

Nel 2006, Lori Stodghill fu portata al pronto soccorso del St. Thomas More Hospital di Cañon City, Colorado, in quanto non riusciva a respirare e continuava a vomitare. La donna, incinta di due gemelli, morì poco tempo dopo per un attacco cardiaco, e con lei i due feti. Due anni dopo, Jeremy, marito di Lori, ha denunciato l'ospedale, l'ostetrico reperibile e il medico del pronto soccorso di omicidio colposo, sostenendo che i gemelli si sarebbero potuti salvare con un intervento cesareo perimortem.

Il St. Thomas More Hospital è gestito dalla Catholic Health Initiatives, un'istituzione cattolica che gestisce 17 ospedali in diversi stati e che sottoscrive alle direttive della Conferenza Episcopale Statunitense; queste includono la posizione secondo la quale la santità della vita inizia «dal momento del concepimento».

Malgrado ciò, gli avvocati dell'ospedale cattolico hanno sottomesso un ricorso alla Corte Suprema del Colorado, sostenendo che secondo il Wrongful Death Act, il termine «persona» si riferisce a individui nati vivi e che per questo motivo i due feti non sono da considerarsi persone né la loro morte omicidio colposo.

Aggiornamento


La notizia della negazione della condizione di «persona» per i feti da parte dei legali dell'ospedale ha causato la reazione negativa di diversi cattolici statunitensi.

L'Arcidiocesi di Denver ha quindi chiamato a rapporto i responsabili della Catholic Health Initiatives, ottenendo la loro ritrattazione. L'arcivescovo di Denever Samuel Aquila, il vescovo di Colorado Springs Michael Sheridan e il vescovo di Pueblo Fernando Isen hanno rilasciato una dichiarazione congiunta, in cui hanno ribadito che la posizione della Chiesa cattolica sostiene che «del momento del concepimento, gli esseri umani sono dotati di dignità e di diritti fondamentali, il più fondamentale dei quali è la vita».

Successivamente i responsabili del Catholic Health Initiatives (CHI) hanno dichiarato che «nella discussione con i capi della Chiesa, i rappresentanti di CHI hanno riconosciuto che sia stato moralmente sbagliato, per gli avvocati rappresentanti il St. Thomas More Hospital, citare il Wrongful Death Act dello Stato durante la difesa di questo processo».