venerdì 6 marzo 2020

Sette buone ragioni per non essere atei

Ci sono ragioni buone per essere atei, ma ce ne sono di altrettanto buone per non esserlo. Eccone sette.

1. L'ateismo non offre la speranza di una vita eterna dopo la morte

L'ateismo non offre la prospettiva di una vita dopo la morte, tanto meno di una vita dopo la morte che sia eterna e piena di beatitudine: la maggior parte degli atei crede che la breve vita che viviamo, noi e i nostri cari, sia l'unica che abbiamo.

Questo significa che non ci è data una seconda possibilità, che non rivedremo i nostri cari deceduti, che non otterremo giustizia o remunerazioni in una vita futura per le ingiustizie e le tribolazioni patite in questa.

Al contrario le religioni, tutte le religioni, offrono una qualche forma di vita dopo la morte, con la prospettiva che questa vita possa essere priva di tormenti, di dubbi, di disfatte, di monotonia, eccetera.

Chi sceglie l'ateismo non ha questa risorsa consolatoria. Ma questo significa anche che per gli atei è questa vita che dobbiamo vivere al meglio, che è in questa vita che dobbiamo realizzare un mondo migliore, che è questa la vita in cui possiamo stare bene con gli altri.

2. L'ateismo non minaccia il tormento eterno dopo la morte

Certamente l'ateismo non può minacciare il tormento eterno dopo la morte, dato che dopo la morte non c'è niente; al contrario la religione, in quasi tutte le sue incarnazioni, prevede una qualche sorta di punizione nell'aldilà di comportamenti sbagliati nell'«al-di-qua».

Se qualcuno fosse in dubbio sull'importanza di questa minaccia, consideri che la domanda che molti atei si sentono fare dai credenti è per quale motivo non vadano in giro ad uccidere e rubare a proprio piacimento, se non temono il giudizio divino e l'inferno. In altre parole, molti credenti sembrano convinti del fatto che la minaccia della punizione eterna sia necessaria per far comportare «bene» le persone, e sono genuinamente sorpresi e dubbiosi che ciò non accada nel caso degli atei, tanto che non è difficile sentirsi dire che un ateo, in fondo in fondo, un po' crede.

Quella della pena eterna dopo la morte è anche la ragione alla base della cosiddetta «scommessa di Pascal», secondo la quale comportarsi da credenti sarebbe conveniente per gli atei, che non ci perderebbero nulla nel caso Dio non esistesse, tutto se esistesse.

L'assenza di una pena eterna dopo la morte per i cattivi sarebbe dunque una debolezza del sistema di pensiero ateo, in quanto effettivamente si rinuncia ad uno strumento di coercizione, mentale, per costringere le persone a «comportarsi bene».

Questo è vero; altrettanto vero, però, è che la minaccia della punizione eterna non garantisce che non si compia il male: la dimostrazione di ciò sono le atrocità commesse dai credenti malgrado la propria religione e spesso proprio in nome di essa. La minaccia di una punizione eterna per i malvagi, infatti, non può nulla contro una visione distorta di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato.


3. L'ateismo non offre una morale assoluta, immutabile ed eterna

Anche questa è una mancanza rilevante. L'ateismo non fornisce, di per sé, nessuna morale assoluta, eterna e immutabile, cosa che le religioni invece fanno. O, almeno, pretendono di fare. Come detto, si tratta di una mancanza rilevante, perché sentiamo di aver bisogno di una bussola morale alla quale rivolgerci, in particolare, nei momenti più difficili. E ci piacere che, come la bussola vera punta sempre a nord, questa bussola virtuale indichi il «nord» morale, la retta via, sempre e comunque.

Vogliamo che questa morale sia assoluta, perché se possiamo accettare che diverse persone concepiscano in modo diverso la moralità di un certo atto, non possiamo accettare che tutte abbiano ragione, che un'azione sia effettivamente «buona» o «cattiva» a seconda di chi la giudica. Oltre ad essere assoluta, la morale deve essere anche immutabile, perché altrimenti il relativismo morale, invece che su base culturale, sarebbe su base temporale, ma ciò ricadrebbe, fondamentalmente, nel caso precedente; ancora una volta, siamo coscienti che la morale sia mutata col passare del tempo, ma ciò che non possiamo concepire è che quella di oggi e quella di mille anni fa possano essere entrambe contemporaneamente corrette. Infine, dall'assolutezza e dall'immutabilità della morale discende la sua eternità, anche questa una caratteristica che istintivamente assegniamo alla morale.

E l'ateismo non può offrire una morale con queste tre qualità. Ma è davvero un problema?

Probabilmente sì, almeno che non si creda che non vi siano sistemi che offrono una morale con queste caratteristiche, incluse le religioni; o addirittura che una morale del genere non esista proprio.

Per quanto riguarda l'affermazione che le religioni non offrono una morale assoluta, immutabile ed eterna, il discorso è abbastanza lineare. Le religioni fondano la morale che propongono sulla volontà del loro Dio: ciò che Dio chiede è sempre moralmente giusto. Eppure è facile dimostrare che tutte le religioni che hanno una storia di una certa durata hanno cambiato la propria morale, e che ciò che oggi è considerato giusto sarebbe stato considerato sbagliato mille anni fa e viceversa. Questa semplice constatazione di fatto basta a confutare la possibilità che la morale della religione sia immutabile, e dunque anche che sia eterna. Per quanto riguarda l'assolutezza, invece, basti notare che la morale religiosa è basata sulla volontà di un'entità, Dio, e che dunque è una morale soggettiva; se invece la religione sostiene che Dio non possa che compiere atti giusti, allora la morale potrebbe essere assoluta, ma sarebbe indipendente dalla volontà di Dio, e dunque, venendo a cadere la «garanzia»sulla sua correttezza, sarebbe in effetti una morale non religiosa, con tutte le conseguenze del caso.

In effetti, dunque, il problema della mancanza di una morale assoluta e immutabile non riguarda solo l'ateismo, e la sua soluzione va cercata altrove, nella filosofia, probabilmente.

4. L'ateismo non può dare una spiegazione per ogni cosa

5. L'ateismo non offre uno scopo per la vita

L'ateismo, di per sé, non implica uno scopo nella vita, al contrario delle religioni. Dunque lo scopo va cercato e trovato.

Per questo motivo si può essere atei e comunisti (sostituendo un'ideologia ad un'altra), atei e nichilisti, atei e spiritualisti (lo sono i buddisti della variante Theravada), atei e materialisti.

6. Essere atei significa appartenere ad una categoria discriminata

7. Il cervello umano è programmato per credere in Dio

Questo significa che essere non credenti può essere difficile.



Elenco ispirato all'articolo «Ten Reasons Why Atheism Can't Win», di John Loftus.

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