giovedì 17 dicembre 2009

I presunti meriti del cristianesimo

E' diffusa la sensazione che il merito di molti progressi avvenuti nella vita degli uomini negli ultimi due millenni sia da attribuire al cristianesimo. Senza raggiungere eccessi, come quello di affermare che "L'origine della Scienza è nel Cristianesimo" (si noti l'uso delle maiuscole), si sostiene che indubbi progressi, come l'abolizione della schiavitù, l'emancipazione delle donne, la libertà di religione... insomma, i diritti oggi riconosciuti quali propri dell'essere umano, siano dovuti ad un cambiamento della morale causata dalla dottrina cristiana.

La mia opinione è che in molti casi si tratti di evoluzioni della sensibilità collettiva, alle quali la fede cristiana può avere dato semmai un contributo, ma che, ad un'analisi attenta, non sono mai stati causati da essa.

Naturalmente ogni volta che si prova ad argomentare una tesi del genere con degli integralisti cattolici, sia pure di un certo spessore intellettuale (ne ho fatto esperienza personale in una discussione su Ipazia con Roberto Manfredini), si viene accolti da un fuoco di sbarramento, messo lì a protezione di quella sensazione di superiorità morale del cristianesimo, grazie alla quale persone altrimenti ragionevoli possono credere in leggende semitiche di millenni fa.

Sono stato quindi contento di leggere il seguente scritto di Remo Cacitti, professore di Storia del cristianesimo antico e di Letteratura cristiana antica all'Università di Milano, compreso nel libro Inchiesta sul cristianesimo. Come si costruisce una religione, e che formula splendidamente la mia posizione in materia:
In termini generali, si tratta di valutare quale influenza abbia avuto il cristianesimo nella trasformazione della società. In particolare, se e come lo "spirito" cristiano sia servito a cambiare l'ordinamento giuridico o il costume sociale. Ci si può chiedere: quando il cristianesimo diventa religione di Stato, l'annuncio del vangelo aiuta a cambiare le leggi che riguardano la posizione della donna, la sessualità, la famiglia? O le norme che regolavano il rapporto con le altre religioni o la legittimazione della schiavitù? Favorisce, più a fondo, il mutamento della mentalità corrente?
[...]
Torno a Paolo facendo un altro esempio. Quando lo schiavo Onesimo si rifugia presso di lui, l'apostolo non esita a rimandarlo al suo padrone Filemone, limitandosi a raccomandargli un atteggiamento di mitezza e clemenza. Questo di Paolo non è certo un atteggiamento nuovo, gli stoici avevano già teorizzato esattamente le stesse cose.

5 commenti:

  1. Il tuo scambio con Manfredini è meraviglioso: più che altro è la dimostrazione di come un fanatico, per qanto millanti di affidarsi alla razionalità, non riesce in realtà ad accettarne le regole: non appena lo incastri dimostrando che la sua preparazione è piuttosto scadente (vedi Eusebio che non era Eusebio, forse era Nicceforo, no, adesso che ci penso non era neanche lui, ma insomma non so, che vuoi da me?) cerca di cambiare le carte in tavola.
    La filologia è la scienza del demonio.

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  2. Emblematico è il fatto che prima scriva un post come quello contro Ipazia, dove scrive cose poco carine ed inesatte di una persona morta secoli fa, poi alla fine dice che "ci si accalora troppo intorno a questioni superficiali, quando invece dovremmo soltanto inchinarci e pregare Nostro Signore per la vita che ci ha donato". Non se lo poteva ricordare prima di scrivere il post? Mah.

    Saluti,
    IlCensore

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  3. Caro Censore,
    ti ho citato in un mio post: http://ta-biblia.blogspot.com/2009/12/bibbia-e-schiavitu.html.
    Grazie per il riferimento a Cacitti.

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  4. Grazie a lei per il post e il riferimento al'articolo di Jay Williams.

    Saluti,
    IlCensore

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  5. Mannaggia, son saltati quasi tutti i link!

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