Per la serie «In cosa crede chi crede?», una battuta di un ignoto umorista:
Per la maggior parte dei cristiani, la Bibbia è come la licenza di un software: nessuno la legge davvero, semplicemente la scorrono fino alla fine e cliccano su "Accetto".
Che capolavoro! Chiarezza, lucidità e sintesi.
RispondiEliminaComplimenti all'ignoto autore, e a te per l'occhio fino.
Perfetto.
RispondiEliminacarina e simpatica la citazione.
RispondiEliminaBuona: perchè sveglia un po' i cristiani, specialmente cattolici a ricordarsi che la bibbia oltre a essere letta, meditata, va anche applicata.
Ma non si sentano poi troppo sul piedistallo quelli che la leggono a modo loro: la bibbia nasce in un contesto di fede ed è in contesto di fede che va riletta per non essere strumentalizzata.
Inoltre la fede può esserci anche cliccando su "Accetta": perchè la santità non è per i sapienti e per gli studiosi eruditi, ma anche e soprattutto per i semplici e gli ignoranti. La cosa da molto fastidio, ma anche cliccando solo su "Accetta" si può diventare santi lo stesso.
«Ma non si sentano poi troppo sul piedistallo quelli che la leggono a modo loro: la bibbia nasce in un contesto di fede ed è in contesto di fede che va riletta per non essere strumentalizzata.»
RispondiEliminaNo, prima di tutto la Bibbia nasce in un contesto storico che la maggior parte delle persone, credenti o meno, non conosce. Neppure i teologi più preparati.
Nasce in età post-esilica per dirimere le questioni politiche e religiose tra coloro che erano andati in esilio ed erano poi tornati e quelli che erano rimasti in Palestina.
Senza una corretta conoscenza del contesto storico, non si può soppesare correttamente il contesto culturale dell'opera.
Nel caso fossi interessato, ti suggerisco Oltre la Bibbia, Storia antica di Israele di Mario Liverani, ed. Laterza.
«Inoltre la fede può esserci anche cliccando su "Accetta": perchè la santità non è per i sapienti e per gli studiosi eruditi, ma anche e soprattutto per i semplici e gli ignoranti.»
A parte che non vedo cosa c'entri col mio post (parlavo di Bibbia non di fede), non mi pare una posizione accettabile. Per aver fede in qualcosa, devi conoscerla. Non si può avere fede in qualcosa che ci è ignoto.
Purtroppo è vero.
RispondiEliminaMa spesso non serve leggerla soltanto.
Inoltre si rischia di non orientarsi, se non parti da Cristo.
Mi piace quel che dici "Per aver fede in qualcosa, devi conoscerla. Non si può avere fede in qualcosa che ci è ignoto."
Che modalità di conoscenza hai in mente quando lo pensi? Oltre a quelle storico-culturali, ovviamente.
A parziale discolpa di un corso preso dalla istruzione cattolica, occorre anche considerare che lo studio delle scritture è stato fuori questione per secoli, da parte delle persone non istruite o semplici fedeli in genere, dato l'urto negativo dell'ottica protestante.
RispondiEliminaSi comincia a riscoprire lo studio della scrittura in epoca post-Concilio Vaticano II, credo.
Quindi, in termini temporali, considerata la rapidità reattiva della cultura media attuale (OK TV, no libri), abbiamo appena iniziato…
«Che modalità di conoscenza hai in mente quando lo pensi? Oltre a quelle storico-culturali, ovviamente.»
RispondiEliminaPrincipalmente quelle. Solo se riesci a maneggiarle correttamente puoi affrontare lo studio del testo in maniera cosciente.
«occorre anche considerare che lo studio delle scritture è stato fuori questione per secoli, da parte delle persone non istruite o semplici fedeli in genere, dato l'urto negativo dell'ottica protestante»
Non mi risulta che fino al XVI secolo lo studio diretto della Bibbia da parte di ciascun credente fosse incoraggiato.
Quando ho detto che "la bibbia nasce in un contesto di fede" non intendevo certo escludere che nascesse anche in un costesto storico: il Dio di Israele è anzitutto un Dio storico, non astorico, quindi nessuno nega questo.
RispondiEliminaVolevo semplicemente dire che poichè è stata scritta da contesti sociali di fede e da persone di fede, è in un contesto di fede che va riletta per essere autenticamente interpretata, altrimenti diventa arbitraria.
Se io leggo un programma complesso per computer scritto in un certo linguaggio, non basta conoscere quel linguaggio per capirlo a fondo. Mi serve anche la Tradizione, ovvero quelle tecniche di programmazione tipiche, i pattern, l'esperienza di programmazione, che vengono sia da un bagaglio di conoscenza personale che collettivo: oggi chiamiamo questo Know-how. Ecco: la Tradizione è il "Know-how della Bibbia".
Molto belle e profonde le parole che dici:
Per aver fede in qualcosa, devi conoscerla
Verissimo: devi conoscerla.
Ora ci sono due significato di "conoscenza". La conoscenza nozionistica ("conosco" l'ora esatta, le tabelline, il sistema solare, l'HTML) e la conoscenza profonda, quella del cuore: conoscere un amico, conoscere la propia amata, conoscere Cristo.
Sono conoscenze su livelli diversi. Naturalmente io mi riferivo al secondo modo, mentre nel post originario mi pare che il tuo concetto di conoscere della Bibbia si riferisse al primo modo, che non è affatto da disprezzare, anzi è importantissimo, ma non è indispensabile per la fede.(Qui ovviamente l'esempio del linguaggio di computer di cui sopra non funzionerebbe più).
I primi discepoli cristiani non avevano ancora il Nuovo Testamento, perchè doveva essere ancora scritto, e allora? Non avevano fede? Abramo non aveva neppure l'Antico Testamento, eppure la bibbia ce lo presenta come un Patriarca, cioè con linguaggio cristiano, un Santo. Mosè non aveva neppure la Torah, la ebbe solo dopo. Quindi questi personaggi non avevano fede? La Bibbia ce li presenta invece come modelli di grande fede. Quindi vuol dire che la Bibbia stessa ci dice che non è necessario "conoscere" la Bibbia per essere santi.
«Volevo semplicemente dire che poichè è stata scritta da contesti sociali di fede e da persone di fede, è in un contesto di fede che va riletta per essere autenticamente interpretata, altrimenti diventa arbitraria.»
RispondiEliminaMa il predominio della fede nei contesti sociali in cui fu scritta la Bibbia è il risultato di un'analisi storica o un presupposto? Cioè, in che modo sai che chi scrisse la Bibbia lo fece esclusivamente per motivi di fede e non per motivi di politica o (per fare un esempio) per motivi letterari?
«Ecco: la Tradizione è il "Know-how della Bibbia". [...] nel post originario mi pare che il tuo concetto di conoscere della Bibbia si riferisse al primo modo, che non è affatto da disprezzare, anzi è importantissimo, ma non è indispensabile per la fede.»
Non ne sono sicuro. Per esempio, la Tradizione vuole Gesù nato da una vergine; se la Tradizione si sbagliasse, se Gesù non fosse nato da una vergine, le conseguenze per la fede sarebbero molto rilevanti, concordi con me?
Conoscere il contesto storico in cui furono scritte le profezie relative alla nascita virginale e quello in cui tale profezia fu riportata dagli evangelisti, piuttosto che guardare solo all'interpretazione di fede di queste testimonianze, fa una differenza sostanziale, quindi, anche per la fede.
«Abramo non aveva neppure l'Antico Testamento, eppure la bibbia ce lo presenta come un Patriarca, cioè con linguaggio cristiano, un Santo. Mosè non aveva neppure la Torah, la ebbe solo dopo. Quindi questi personaggi non avevano fede?»
La fede dei primi cristiani non si basava sui vangeli scritti, quella di Abramo non si basava sull'Antico Testamento né quella di Mosé sulla Torah. Perché loro avevano un'esperienza diretta della divinità, ci parlavano direttamente o tramite testimoni di prima mano.
Ma la tua fede si basa anche sulla Bibbia, no? Per te sapere che Abramo e Mosé non sono mai esistiti farebbe una differenza sostanziale, presumo.
E' per questo che penso che una conoscenza storica del testo su cui si basa la fede dei cristiani sia un prerequisito e non solo un corollario per lo studio e la comprensione della loro fede. (stesso discorso vale per tutte le religioni del libro, ovviamente)
Ciao
Perché loro avevano [...] testimoni di prima mano.
RispondiEliminahai usato la parola magica: esperienza quindi concordi che la fede (o non-fede) si fonda su questo: su una esperienza personale, non su un testo scritto, per quanto importante sia; e tu, l’hai mai avuta questa esperienza? L’hai mai cercata veramente? L’hai mai sognata? Hai attraversato valli, fiumi, monti per questo? Hai mai pensato che puoi essere come Abramo, come Mosè? Oppure, chiuso nella tua stanza davanti a un PC, scrivi solo sul tuo blog chiedendoti se questi personaggi sono esistiti veramente, e ti fermi li? (non sto demonizzando il tuo interessante blog, è solo una provocazione!)
Dice il salmo: “Penso a Te nelle veglie notturne / nel mio giaciglio di Te mi ricordo....”: non è solo il desiderio del credente, ma anche di chi non crede, come in realtà traspare un po’ da tutto questo blog.
Per te sapere che Abramo e Mosé non sono mai esistiti farebbe una differenza sostanziale, presumo.
RispondiEliminaMolti studiosi anche cattolici dicono che Abramo è solo un genere letterario e non un personaggio storico. Tuttavia si è visto, studiando i testi, che Abramo sembra proprio un uomo vissuto migliaia di anni prima di quando la sua storia è stata scritta: segno che comunque nella tradizione orale si sono mantenuti degli elementi che ne attestano l’assoluta antichità: se io inventassi oggi una storia senza avere memoria storica, lo farei con elmenti di oggi. Ora questo non vuol dire che Abramo sia un personaggio storico. Su Mosè gli studiosi sono più cauti. E’ poi evidente che Adamo ed Eva non erano personaggi storici. A me questo non disturba affatto, anche se nel 1600 ha creato una grande crisi. La mentalità moderna tende ad attribuire al concetto di “vero” ciò che “è stato storicamente vero”. Ma questa non è la mentalità biblica con il quale quei testi sono stati scritti, perché la mentalità antica attribuiva al significato delle cose un valore maggiore del fatto in se: per l’uomo biblico, soprattutto AT, viene “prima” il significato e poi il fatto. Se noi ragioniamo in modo “moderno” falsiamo quindi il senso profondo del testo, falsandone la verità stessa. A parte il fattto che il concetto di “storicamente vero” è comunque rinegoziabile in virtù di nuove scoperte archeologiche etc... quindi non è un metodo affidabile per conoscere la verità più profonda e non possiamo fare affidamento solo su quello, nonostante sia utilissimo.
Ora tu qui mi obietterai: allora se Abramo può essere un genere letterario, perchè non può esserlo anche Gesù con la sua resurrezione? Penso che per tutti i commenti che abbiamo fatto in questo blog, possa tu stesso rispondere a questa domanda.
«la fede (o non-fede) si fonda su questo: su una esperienza personale, non su un testo scritto, per quanto importante sia»
RispondiEliminaCerto, ovvio. Il problema è che per verificare se questa fede è costruita sulla roccia o sulla sabbia devi andare a vedere che tipo di esperienza hai fatto. Se la tua fede nasce dalle visioni che hai dopo esserti fatto una canna, ti dovrà pur venire il dubbio che sia dovuta ad esperienze allucinatorie, no? O la cosa ti è indifferente: fede purché sia?
«Oppure, chiuso nella tua stanza davanti a un PC, scrivi solo sul tuo blog chiedendoti se questi personaggi sono esistiti veramente, e ti fermi li?»
Credo che quanto scritto sopra sia una risposta, ma la ripeto qui. Se quei personaggi sono finti, come posso fidarmi del messaggio su cui dovrei basare la mia fede? Per me la veridicità dei testi sacri di una religione è una verifica fondamentale.
«Dice il salmo: “Penso a Te nelle veglie notturne / nel mio giaciglio di Te mi ricordo....”: non è solo il desiderio del credente, ma anche di chi non crede, come in realtà traspare un po’ da tutto questo blog. »
Dubito.
«Abramo sembra proprio un uomo vissuto migliaia di anni prima di quando la sua storia è stata scritta»
RispondiEliminaAbramo non è altro che il patronimico di un gruppo di nomadi, che gravitavano a cavallo della mezzaluna fertile, il cui nome significa appunto «figli di Raham»; e Raham è un nome etnico attestato dalle fonti extra-bibliche.
«La mentalità moderna tende ad attribuire al concetto di “vero” ciò che “è stato storicamente vero”. Ma questa non è la mentalità biblica con il quale quei testi sono stati scritti, perché la mentalità antica attribuiva al significato delle cose un valore maggiore del fatto in se: per l’uomo biblico, soprattutto AT, viene “prima” il significato e poi il fatto. Se noi ragioniamo in modo “moderno” falsiamo quindi il senso profondo del testo, falsandone la verità stessa.»
Scusami, ma non ti capisco.
Posto per ipotesi di lavoro che Abramo e Mosé non siano esistiti, cosa puoi dire degli scrittori della Bibbia?
Tu dici che per loro il significato veniva prima del fatto, cioè che il messaggio dell'intervento divino nella vita degli uomini è più importante della veridicità degli eventi con cui lo si racconta.
Io sono pienamente d'accordo con te su questo, ma al contempo mi chiedo: dove sta la verità? Si trova nei fatti? No. Si trova nel messaggio? E chi può dirlo, dato che non sappiamo neppure chi ci sta convogliando questo messaggio? Tanto meno puoi capire se quello che ti viene indicato è il messaggio di Dio. In altre parole, chi garantisce per l'autenticità del messaggio?
Un esempio pratico. Se Giosuè non ha mai conquistato Gerico, come effettivamente non ha fatto, come puoi capire se il comandamento di Dio di sterminarne tutti gli abitanti sia effettivamente divino e non di uno scriba del IX secolo a.C.? E se questo ordine effettivamente è stato "inventato" da un essere umano nel IX secolo, chi ti garantisce che l'ispirazione sia divina?
Io davvero non potrei basare la mia fede su di un libro che sia una collezione di leggende e profezie a posteriori. Perché allora dovrei credere all'esistenza degli déi dell'Iliade e del Mahabaratha.
«Ora tu qui mi obietterai: allora se Abramo può essere un genere letterario, perchè non può esserlo anche Gesù con la sua resurrezione?»
Non mi serve mettere in dubbio la storicità di Gesù. Se la Bibbia è, come ho scritto qui sopra, una collezione di leggende e di profezie ex-post, il significato del messaggio di Gesù cambia radicalmente.
dove sta la verità? Si trova nei fatti? No. Si trova nel messaggio?
RispondiEliminaLa Verità quella con la V maiuscola non è un concetto. Non è un luogo. Si trova nel tuo cuore.
Immagino che tu sia stato innamorato almeno una volta. E ti sei fatto tante domande, tanti ragionamenti, idee piu o meno oggettive su quella persona: non hai rinunziato ad usare la "ragione": "che tipo è?" "su questo punto mi trovo con lei" "su quest'altro no per questo motivo" etc... Ma non è a causa delle risposte a quelle domande ne eri innamorato. Quindi la tua certezza non veniva dalla ragione (nonostante questa sia utile) ma dal cuore, dagli affetti. E' questo, poi che "orienta" la ragione. E' questo tutto il senso della Bibbia. Senza cuore non si può capire.
La Verità è l'Amore.
(Su Giosuè mi documenterò, proverò a fare una meditazione e ti farò sapere: se mi indichi con esattezza il passo e i versetti mi semplificheresti la vita)
«La Verità quella con la V maiuscola non è un concetto. Non è un luogo. Si trova nel tuo cuore.»
RispondiEliminaQuesta è una risposta che non posso accettare. O Dio ha parlato a Mosé o non l'ha fatto. Quello che si trova nel mio o nel tuo cuore non può cambiare questo fatto.
«Ma non è a causa delle risposte a quelle domande ne eri innamorato.»
Ma ci si può innamorare veramente di qualcuno che non esiste, di cui ci hanno solo parlato o di cui abbiamo solo letto? Possiamo davvero innamorarci di qualcuno che non conosciamo, che con noi non ha mai parlato? E' amore, questo?
La caduta di Gerico è narrata in Giosuè 6:16-27.
Ciao
Questa è una risposta che non posso accettare.
RispondiEliminaquesto è ovvio: se così non fosse questo blog non esisterebbe, oppure sarebbe diverso.
sulle altre domande: è possibile solo dopo che quella "entita" comincia ad avere un volto umano. Ma per fare sono necessaria la grazia oltre che l'apertura del cuore.
Su Giosuè: ti farò sapere su quel passaggio.
Spiegami però com'è possibile che ciò che è nel mio cuore o nel tuo, la Verità con la V maiuscola, possa cambiare la verità di Dio che ha o non ha parlato a Mosè.
RispondiElimina«è possibile solo dopo che quella "entita" comincia ad avere un volto umano.»
A me "volto umano" sembra significare "aspetto di un essere umano". In tal caso non concordo neppure con questo: non ha senso dirsi "innamorati" di un'ottima e verosimile finzione letteraria.
Se invece significa proprio "essere umano", credo che sapere o meno se quell'essere sia esistito e se quello che diceva (e che lo caratterizza) sia vero, sia una questione fondamentale.