martedì 26 ottobre 2010

Ricerca del Gesù storico: Gesù l'uomo dello Spirito (Stevan Davies)

Stevan Davies fa parte di quel gruppo di studiosi del Gesù storico che ne sottolineano la relazione con lo Spirito, gli aspetti spirituali, carismatici e legati alle guarigioni e agli esorcismi.

Peter Kirby descrive il pensiero di Davies con queste parole:
Sbarazzantosi del modello infruttuoso del Gesù storico come un maestro, Stevan Davies propone che la possessione spirituale giocò un ruolo cruciale nel Cristianesimo delle origini. Gli stessi testi - Atti, Giovanni, Paolo - ce lo dicono.

Davies utilizza la ricerca contemporanea sulla possessione spirituale per gettare nuova luce sulla storia del Cristianesimo primitivo. Sostiene che Gesù sviluppò una personalità alternativa come "lo spirito di Dio", per mezzo della quale allontanava demoni durante le sue guarigioni. In questo modo è possibile che la maggior parte del materiale dei detti di Giovanni e i detti di come quello di Q «nessuno conosce il Padre tranne il Figlio» riflettano una tradizione dei detti di Gesù mentre posseduto dallo spirito di Dio.

Davies spiega l'origine della Cristianità teorizzando che si sviluppò in reazione a queste esperienze dis-associative. Per quanto riguarda l'idea che Gesù era divino, ci volle solo la semplice equazione che identificava Gesù con il suo alter ego come spirito di Dio. In questo modo, la teoria di Davies soddisfa un criterio che è ignorato in molte ricostruzioni, quello di spiegare lo sviluppo della teologia cristiana a partire dalla vita del Gesù storico.

Dalla possessione di Gesù alle prime comunità cristiane

Il primo passo fondamentale che Davies fa è quello di rigettare l'interpretazione di Gesù come maestro. Con questo Davies intende la metodologia, che ha ampia diffusione tra gli studiosi moderni, di partire dai detti e dagli insegnamenti attribuiti a Gesù, estrarne quelli autentici e dedurre da questi il messaggio e l'ideologia del Gesù storico. Secondo Davies, infatti, questa operazione è quasi impossibile, dato che gli evangelisti non sembrano concordare sul messaggio di Gesù e altre fonti (Paolo, Atti) non sembrano essere interessati; ne consegue una miriade di diverse ricostruzioni del Gesù storico da parte degli studiosi moderni.

Quello successivo è di proporre un nuovo punto di vista, quello della possessione spiritica. Con questo concetto Davies fa riferimento ad uno stato di alterazione della coscienza con conseguente mutamento della personalità; si tratta di uno stato di alterazione ben noto e verificato, oltre che diffuso in più parti del mondo. L'interpretazione comune in antichità per questo fenomeno era quella della possessione del corpo da parte di uno spirito, di una entità soprannaturale. Davies fa notare come all'epoca di Gesù vi erano pensatori ebrei (Filone) che identificavano la possessione spiritica con l'origine dei poteri profetici.

Questo approccio ha un maggior potere esplicativo di alcuni tipi di Cristianesimo sorti dopo la morte di Gesù e del suo successo come guaritore prima. Davies sostiene infatti che le guarigioni attribuite a Gesù erano dovute al fatto che gli ammalati credevano che Gesù fosse posseduto dallo spirito di Dio e dunque guarivano realmente; si trattava di disturbi di depersonalizzazione (mi pare di capire), per cui il distacco di un elemento della mente umana (ad esempio il controllo della vista) dalla coscienza era guarito dalla convinzione di avere a che fare con uno spirito divino. Persino le parabole rientravano in questo meccanismo di guarigione, dato avevano lo scopo di ribaltare «l'ordinaria percezione, funzionando da una scossa per gli ascoltatori che li portava fuori dal loro mondo corrente, dalla loro presente visione della realtà».

Dopo la morte di Gesù, i suoi discepoli, o almeno una parte di loro (Paolo, Atti, Giovanni), formarono una comunità di tipo "pentecostale": scomparso Gesù, la possessione spirituale divenne il segno di appartenenza alla comunità, un segno inviato da Gesù stesso ai suoi discepoli (Pentecoste), i quali ricevono anche altre caratteristiche spirituali come la glossolalia.

Questa visione si specchia, come detto, in alcune fonti: Marco, Paolo, Giovanni ed Atti. Al momento del suo battesimo Gesù vede lo spirito di Dio che discende su di lui (possessione); in Giovanni Gesù afferma di venire dal Padre (lo spirito che parla "attraverso" Gesù); l'autorità di Paolo deriva da una visione spirituale; e così via.

Così Davies spiega la formazione di due diversi correnti del Cristianesimo delle origini:
La presentazione "dall'interno" del Regno di Dio fatta da Gesù, una forma di esperienza presente, e il concorrente annuncio del Regno come futuro evento geopolitico oggettivo si biforcarono dopo la sua morte. Il suo talento personale per l'introduzione nel Regno di Dio, un'esperienza di trance religiosa, non era più disponibile dop la sua morte. Il Regno divenne allora per lo più una questione di teoria, una credenza piuttosto che un'esperienza.

A partire da quella biforcazione abbiamo, da un lato, la prospettiva di Q, una che è sua "realista" che orientata al futuro. Per "realista" intendo che essa concepiva che il regno di Dio sarebbe stato realmente visibile nel mondo esterno in una qualche data futura. Dall'altro lato abbiamo la prospettiva del Vangelo di Tommaso, sia "idealista" sia orientato al presente. Per "idealista" intendo che il Regno di Dio è ora in potenza (per tutti) e ora in realtà (per qualcuno) all'interno delle menti e delle esperienze delle persone.
Questo doppio binario su cui si sviluppò il Cristianesimo post-pasquale sarebbe spiegabile, per Davies, col fatto che Gesù parlava del Regno di Dio sia come condizione personale e attuale (l'esperienza di trance religiosa) sia come condizione oggettiva e futura (di cui l'esperienza religiosa era una conferma e un'anticipazione). Dal punto di vista realista si sviluppò il Cristianesimo proto-ortodosso, da quello idealista, in cui lo spirito era da sempre all'interno delle persone, quello gnostico.

La fonte per questo articolo è «Jesus the Healer: Possession, Trance, and the Origins of Christianity», di Stevan Davies.

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