giovedì 11 novembre 2010

Eutanasia, tra diritto, propaganda e cattiva politica

Exit International è un gruppo di pressione no-profit che si occupa di far avanzare la legislazione sull'eutanasia in direzione del riconoscimento di questo diritto a livello internazionale.

Ha prodotto una pubblicità televisiva il cui scopo è tenere attivo il dibattito sull'eutanasia. In essa, un uomo, malato terminale, chiede che il governo gli riconosca il diritto di porre fine alla propria vita in maniera dignitosa.

Questa pubblicità è stata proibita in Australia. Il 9 novembre, l'Associazione Luca Coscioni ha annunciato di aver tradotto la pubblicità in italiano e di volerla trasmettere su TeleLombardia.

Naturalmente la Chiesa cattolica si è schierata immediatamente, facendo pressioni per impedire la trasmissione della pubblicità e impedire così persino il dibattito su questo tema. Altrettanto naturalmente, la classe politica nana che ci ritroviamo si è mossa in scia della Chiesa, con un naturale ritardo dovuto al fatto che hanno dovuto prima ascoltare le direttive d'oltretevere...


Il filmato

Questo è il filmato, pubblicato dall'Associazione Luca Coscioni e dal Partito Radicale:


La reazione di Avvenire e dei "pensatori" reazionari

Il 10 novembre, su Avvenire è comparso un articolo di Francesco Ognibene intitolato «Pubblicità mortale - I radicali ci provano. Contro cuore e legge» che inizia così:
In un Paese nel quale va pericolosamente logorandosi il principio di responsabilità, occorre sempre stare in guardia di fronte alle sparate deliberatamente provocatorie. A prima vista sembrano eccessi senza futuro, ma poi si scopre che finiscono per scavare nella coscienza collettiva producendo ingenti danni a lunga scadenza. Non ci vuol nulla a tirare un sasso nella cristalleria dei valori condivisi da un intero popolo, sperando di produrre il maggior danno possibile e di portare a casa discutibilissimi dividendi. Ma questa attività di premeditato bullismo politico e culturale va chiamata col proprio nome, smascherandone subito l’aperta strumentalità. E chiamando chi può – e deve, per funzione istituzionale – a sopperire con la propria al grave difetto di responsabilità altrui.
Nel proseguo dell'articolo, Ognibene lamenta l'«abbordaggio» dei radicali «a quello che chiamano "tabù" ma che è semplice senso comune (presidiato dal diritto)», vale a dire la proibizione dell'eutanasia, lamentando il tentativo radicale di scavalcare il Parlamento, in cui esiste una maggioranza schiacciante contro l'eutanasia.

Per Ognibene, lo scopo di questa pubblicità sarebbe quello «di provocare un caso, aprire una breccia e azzardare la dimostrazione del trito teorema secondo il quale il Paese sarebbe più avanti del Palazzo (e della Chiesa, manco a dirlo) nell’esigere la codificazione di nuove "libertà", compresa quella di farsi uccidere».

Ognibene sostiene anche che questa sarebbe la pubblicità di un reato, ed invoca l'Autorità garante delle comunicazioni e il direttore di TeleLombardia affinché si blocchi la trasmissione del filmato.

Subito a rimorchio Maurizio Gasparri, il quale dichiara: «Lo spot sull'eutanasia è intollerabile. Mi rivolgerò personalmente all'Autorità delle comunicazioni per sollevare la questione dello spot sull'eutanasia e chiederò un intervento immediato per sospenderne la messa in onda anche in Italia. L'eutanasia nel nostro paese è un reato». Guardacaso la posizione del presidente del gruppo PDL al Senato è la stessa di Avvenire.

Perché quella di Avvenire è cattiva politica

La posizione di Ognibene su Avvenire, e di riflesso quella ben più grave di Gasparri, è talmente infondata da essere facilmente confutabile. A tal proposito consiglio la lettura dei posts «Eutanasia, l'attacco di Avvenire» di McG e «Se parlare di eutanasia è reato» di Giuseppe Regalzi.

Quello che mi colpisce di più è l'atteggiamento censorio di Avvenire: dell'eutanasia non si può neppure parlare, chiedere di discutere di questo argomento dovrebbe essere, secondo Ognibene e Gasparri, punito come apologia di reato. Che persino Ognibene si accorga della sparata e chieda l'intervento non della magistratura ma dell'Agicom è semplicemente un indizio che l'operazione di mistificazione è volontaria, e dunque risultato di una cattiva concezione della politica.

Va bene opporsi ad una certa pratica, ma non al punto di limitare la libertà di parola degli altri. Questo è fascismo, e se ce lo si può attendere da Gasparri, non lo si può accettare da Avvenire.

6 commenti:

  1. Vorrei non dover dissentire sul fatto che non lo si possa accettare da Avvenire. In un certo senso è inaccettabile davvero, ma in un altro, beh, se non mi aspettassi dalla chiesa posizioni e comportamenti simil-fasciste mi riterrei un ingenuo.

    Grazie per la citazione, che considero, senza falsità, un onore: non sono uno che commenta molto, ma ti leggo giornalmente, ovviamente con molto interesse.

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  2. Io invece preferisco sottolineare queste cose e "indignarmi" che siano sostenute dalla Chiesa: al suo interno ci sono forze positive che preferirei prevalessero su quelle retrive, qui rappresentate da Ognibene.

    Ricambio l'attestazione di stima. Ciao.

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  3. sei in grado di mostrare, fonti giuridiche alla mano (diritti umani per esempio) che l'eutanasia è un "diritto"?

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  4. In effetti, anche io continuo ad indignarmi. Rimane però il fatto che ormai certe cose me le aspetto: di Ognibene, ad esempio, non mi ha deluso il contenuto, che era fin troppo prevedibile, ma la debolezza delle argomentazioni e la contraddittorietà.

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  5. @fab: è quello che si chiede di riconoscere. E, comunque, non è questo quello che contesto, ma la scorrettezza di dire che anche solo il parlarne dovrebbe essere punito come reato.

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  6. Il diritto di sciopero, prima che fosse codificato e garantito, in quali fonti giuridiche stava?

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