giovedì 2 giugno 2011

Chi cerca trova: un esempio di come gli esegeti ritrovino nelle scritture quello che già sostengono

Ho appena ritrovato un articolo di qualche mese fa del professor Giovanni Bazzana, intitolato «Proibire l'ira?», sull'esegesi di Agostino d'Ippona riguardo ad un passaggio del «discorso della Montagna» di Gesù (Vangelo secondo Matteo, 5-7).

Avevo salvato questo articolo perché contiene un ennesimo esempio di come i credenti trovino nelle «Sacre Scritture» ciò in cui già hanno scelto di credere.

Bazzana narra di come Agostino l'Ippona commentò il versetto 5:22, in cui Gesù proibisce di arrabbiarsi. In una prima opera, intitolata De sermone Domini in monte, Agostino commentò la versione Vetus latina del Vangelo, in cui sta scritto «Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello senza ragione, sarà sottoposto a giudizio»; sulla base di quel «senza ragione» Agostino spiega che esiste un'ira accettabile, quella motivata, e una inaccettabile, quella immotivata.

Successivamente Sofronio Eusebio Girolamo fu incaricato di rivedere la traduzione latina del Vangelo sulla base dei manoscritti greci; poiché pochissimi di essi conteneva quel «senza ragione», nella sua nuova versione latina, la Vulgata, Girolamo non incluse quelle parole. Agostino, venuto a conoscenza della rimozione del testo che giustificava la sua distinzione tra l'ira «buona» e quella «cattiva», scrisse un nuovo testo, intitolato Ritrattazioni, in cui spiegò che esistono comunque due tipi di ira, una accettabile e una no: sulla base del «con il proprio fratello», Agostino infatti sostenne che l'ira contro la persona è sbagliata, mentre è giusta quella contro il peccato.

Bazzana conclude giustamente:
La prima cosa interessante da notare è quanto il testo della Scrittura (contrariamente a molte dichiarazioni di principio) sia un fattore esegeticamente assai relativo per uno come Agostino (ma non e' il solo): il testo puo' ben cambiare, ma quello che lui vuole fargli dire di certo no.
E questa non è certo una novità: basti pensare alle interpretazioni arzigogolate delle parole di Gesù, necessarie per rendere compatibile quanto da lui detto con quanto i cristiani vogliono credere; oppure a tutti i distinguo sulle immorali storie dell'Antico (e Nuovo) Testamento; infine, basti considerare che sono i credenti a crearsi un Dio a propria immagine e somiglianza.

L'immagine è «It suits me better to slay», di Alex(inyoureyes), CC-by-nc-sa 2.0.

2 commenti:

  1. considerare che sono i credenti a crearsi un Dio a propria immagine e somiglianza.


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    SE voleva essere uno scoop, arrivi circa due secoli dopo Feuerbach e ... oltre due millenni dopo Senofane di Colofone ! ;-):-) ;-) :-)


    Davide

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  2. Se voleva essere un commento intelligente, sei andato fuori bersaglio.

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