giovedì 12 novembre 2009

Fu il cristianesimo ad abolire la schiavitù?

Aguado, autore del blog "Religione e Fede", ha pubblicato un post dal titolo chiaro, deciso e che denota assenza totale di dubbi: "Il Cristianesimo abolì la schiavitù". Le argomentazioni di Aguado non mi hanno convinto, ma non avendo esperienza nel campo ho dovuto fare una piccola ricerca, che qui presento.

Per comprendere il merito della rivendicazione dell'abolizione della schiavitù da parte del cristianesimo, bisogna distinguere tra il contenuto dei suoi testi sacri e la loro interpretazione e applicazione, antica e moderna. Perché a nulla valgono parole che sono ignorate o interpretate diversamente da quello che ci pare giusto oggi, con la nostra sensibilità moderna.

Non conosco alcun brano del Nuovo Testamento che abolisca esplicitamente la schiavitù (ma potrebbe esistere, ammetto la mia ignoranza), ma ritengo che buon modo di giudicare il rapporto tra cristianesimo e schiavitù siano i pensieri e le azioni di cristiani (cattolici, per semplicità) che occupavano posizioni di rilievo:
  • Paolo di Tarso (I secolo, santo) afferma che non c'è più distinzione davanti a Dio tra schiavi e liberi (Galati 3,28), minimizza le differenze tra schiavitù e libertà a fronte dell'arrivo imminente della parusia (1 Corinzi, 7,21-24) ed è alquanto oscuro sulle proprie intenzioni quando rimanda uno schiavo convertito al suo padrone (Lettera a Filemone);
  • l'autore della Prima lettera a Timoteo (attribuita tradizionalmente a Paolo e facente parte del Nuovo Testamento, ma considerata pseudoepigrafa e composta nel II secolo dalla maggioranza degli studiosi) sostiene che gli schiavi devono obbedire ai propri padroni altrimenti commetterebbero bestemmia contro Dio e la dottrina (1 Timoteo 6,1);
  • Basilio di Cesarea (330-379, santo e Dottore della Chiesa) ordina di rimandare dai loro padroni gli schiavi fuggitivi che cercano rifugio presso le comunità religiose;
  • il concilio di Gangra (340) condanna formalmente coloro che incitano gli schiavi a liberarsi, schierandosi con i padroni;
  • Giovanni Crisostomo (347-407, santo e Dottore della Chiesa) chiede esplicitamente ai cristiani di assicurarsi che gli schiavi siano restituiti ai loro padroni;
  • Agostino d'Ippona (354-430, santo e Dottore della Chiesa) ritiene che la schiavitù sia conseguenza del peccato originale (La città di Dio, xix,19) e che gli schiavi debbano accettare la propria condizione (xix,15);
  • il concilio di Calcedonia (451) proibisce ai monasteri di accettare schiavi come applicanti senza l'esplicito permesso dei loro padroni;
  • Isidoro di Siviglia (560-636, santo) è fermamente contrario alla schiavitù, ma accetta la servitù;
  • Nicola V promulga la bolla Dum Diversas (1452) con la quale garantisce ai Portoghesi il diritto di combattere e ridurre in schiavitù gli infedeli, mentre la Romanus Pontifex (1455) permette loro di acquistare schiavi (le concessioni furono rinnovate da Callisto III nel 1456, da Sisto IV nel 1481 e da Leone X nel 1514, mentre Alessandro VI garantì le stesse concessioni agli Spagnoli nel 1503);
  • Innocenzo VIII riceve 1000 schiavi da Ferdinando II d'Aragona e li distribuisce ai cardinali e ai nobili romani (1488);
  • a partire dal XIV secolo la Chiesa cattolica inizia ad opporsi alla schiavitù, anche con documenti ufficiali (Pio II nel 1462, Paolo III nel 1537, Urbano VII nel 1639, Benedetto XIV nel 1741, Pio VII nel 1814, Gregorio XVI nel 1837) ma con posizioni talvolta particolari, come quella di Urbano VII che proibisce di far schiavi i nativi americani ma non parla degli africani.

Nella storia della schiavitù ci sono cristiani che si schierarono dalla parte degli abolizionisti e cristiani che si schierarono da quella degli schiavisti. Questo dimostra che l'atteggiamento dei cristiani verso la schiavitù (sia pure con i distinguo personali e particolari relativi ad un ambito così vario) è mutato con il passare dei secoli, con la nascita e la crescita della sensibilità nei confronti di questo problema, non con una cesura netta e calata dall'alto, ed è dunque fuori luogo attribuire al cristianesimo il merito di aver abolito la schiavitù.

Questo argomento rientra in un discorso più ampio che nega alla religione il ruolo di ispirazione ed origine della morale e dunque rigetta la visione nichilista dell'ateismo. Se avrò tempo, intendo dire due parole a proposito.

I dati sono tratti da: Junius P. Rodriguez, The Historical Encyclopedia of World Slavery, ABC-CLIO, 1997, ISBN 0874368855, passim; Jennifer A. Glancy, Slavery in early Christianity, Oxford University Press US, 2002, ISBN 0195136098, pp. 90-91; Jacob Burckhardt, Peter Burke, S.G.C. Middlemore, The civilization of the Renaissance in Italy, Penguin Classics, 1990, ISBN 014044534X, p. 365.

Per una discussione sull'affermazione che siano stati i cristiani (e non il cristianesimo) ad abolire la schiavitù, segnalo il post di Ebon Muse "
Did Christianity Abolish Slavery?".

5 commenti:

  1. Buona raccolta riassuntiva, questo post.
    Purtroppo, se ci riferiamo al duello a distanza con il gestore del blog citato, manca di affrontare un punto saliente (anche se capisco che dovrei aspettare le considerazioni sul "discorso più ampio"), e cioè che sia fuor di dubbio che"l'idea di eguaglianza essenziale tra tutti gli esseri umani è una idea essenzialmente e originalmente cristiana".
    A seguito di questa affermazione, qualsiasi testimonianza contraddittoria sul contributo alla civiltà da parte del Cristianesimo può essere catalogata come una "cattiva" interpretazione degli uomini, nonostante una direttiva "calata dall'alto" (lo so, non è una tesi difensiva molto solida, diciamo che equivale a salvarsi in corner, ma tantè).
    Quindi, ritornando al nocciolo della questione, per confutare la pretesa dei cristiani di avere il copyright sulla cultura occidentale, di identificare in Cristo un "big bang" della civiltà, bisognerebbe puntare su quanto la cultura umana ha saputo esprimere nell'arco della sua Storia, allargando l'analisi sia nello spazio che nel tempo, senza limitarsi al bacino mediorientale di duemila e rotti anni fa.
    Anch'io devo ammettere una buona dose di ignoranza, e mi sto documentando al riguardo, ma mi risulta che il concetto di uguaglianza non fosse questo emerito sconosciuto agli uomini, seppur - nella maggioranza dei casi - applicato in modo imperfetto (né più né meno come hanno fatto molti Cristiani prima dei Lumi). Abbiamo il germe dell'uguaglianza ("meme" lo chiamerebbe, forse, Dawkins), nel mondo greco, romano e, soprattutto, nel pensiero orientale qualche secolo prima della nascita di Cristo; e nulla ci impedisce di pensare che possa essere giunto proprio da là, nei luoghi oggi considerati sacri dalle religioni monoteiste, così come sono giunte alcune narrazioni mitopoietiche.

    Saluti

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  2. La ringrazio per il commento, che mi ha fatto meditare. Mi sono reso conto di non essere riuscito ad esprimermi chiaramente

    Il fulcro della mia critica al post originale voleva essere che il "Cristianesimo", come entità monolitica e immutabile, non esiste, sono coloro che lo incarnano che ne definiscono il carattere, mutevole col tempo in conseguenza delle mutevoli posizioni assunte. E l'atteggiamento verso la schiavitù ne è un esempio.

    Non è chiaro quale fosse la religione che il Gesù storico intendeva fondare (se intendeva fondarne una nuova), ma dai documenti conservatisi non è detto chiaramente quale fosse il suo atteggiamento sulla schiavitù (forse in quanto era un apocalitticista, come sostengono alcuni studiosi). Col passare del tempo Paolo di Tarso, l'autore della Prima lettera a Timoteo, Agostino d'Ippona, e via via fino ai Papi del XV e XVI secolo hanno assunto posizioni diverse sull'argomento della schiavitù, ignorandolo, osteggiandolo, promuovendolo. A partire da un certo momento, l'idea di uguaglianza tra tutti gli uomini si è fatta largo nel mondo cristiano ed ha raggiunto, con il passare dei secoli, una posizione di dominio, fino ad essere oggi quella quasi unanime dei cristiani. Ciò non toglie che, ancora nella seconda metà XX secolo, ci fossero cristiani razzisti, che distinguevano tra razze superiori e inferiori (penso al Sud Africa e al Ku Klux Klan).

    Non intendo negare che il cristianesimo abbia tra le sue radici il germoglio dell'uguaglianza tra gli uomini (e non è detto che fosse una innovazione). Quello che sostengo è che era una delle componenti del pensiero cristiano e che solo col tempo si è fatta strada, solo con l'evoluzione della sensibilità culturale sul tema.

    Un saluto

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  3. Grazie per la replica.
    Inutile dire (ma lo dico lo stesso) che la chiusa mi trova perfettamente d'accordo.

    A presto

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  4. La crudeltà approvata dai vari pontefici è riconosciuta anche nel saggio di Jhon Francis Maxwell: SLAVERY AND CATHOLIC CHURCH
    Secondo lo storico tale aberrazione fu riconosciuta e condannata dalla chiesa solo nel 1890
    Sempre lo stesso scrittore cita il dono di 400 schiavi mori che Innocenzo VIII riceve da ferdinando d'aragona

    Durante il suo viaggio in senegal il fu papa woitywa chiese perdono a nome della chiesa cattolica per le crudeltà subite dai neri su cui la chiesa cattolica ha calcato la mano ritendoli di razza inferiore in virtù del marchio di caino e successivamente di canaan figlio di cam

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