martedì 30 marzo 2010

La morale del Nuovo Testamento - non farti mai lodare

Quando si fa notare ai cristiani che il loro Antico Testamento narra di un Dio che ha comportamenti poco morali, si ottengono risposte volte a difendere l'idea che il Dio amorale dell'Antico Testamento e il Dio buono del Nuovo siano in realtà lo stesso Dio.

Alcune volte la risposta è che il testo è stato male interpretato (e tipicamente l'interpretazione "corretta" è alquanto arzigogolata); altre volte che non si tratta di fatti reali ma di allegorie (resta da spiegare, comunque, l'amoralità di queste allegorie).

Ma la mia risposta preferita è quella che l'Antico Testamento va compreso nel suo "contesto", come rivelazione parziale e progressiva del messaggio divino, che avrebbe avuto la sua piena epifania con Gesù e il Nuovo Testamento.

Un'obiezione facile facile a questa spiegazione è che nell'Antico Testamento non c'è nulla che lasci pensare che il messaggio divino lì contenuto sia incompleto o in qualche modo errato; e infatti gli Ebrei continuano a seguire i dettami contenuti nella Bibbia ebraica (fondamentalmente coincidente con l'Antico Testamento cristiano) senza avere il minimo dubbio di non aver ricevuto un messaggio completo e corretto.

Ma un'obiezione ancor più forte mi pare il fatto che questo Dio dalla moralità discutibile non sia del tutto scomparso neppure nel Nuovo Testamento.


Un esempio è quello della morte di Marco Giulio Agrippa, meglio noto come Erode Agrippa I. La storia della morte di Agrippa è narrata negli Atti degli Apostoli, 12 (probabilmente composti attorno all'80), che lo chiamano col nome dinastico di Erode:
20 Erode era fortemente irritato contro i Tiri e i Sidoni; ma essi di comune accordo si presentarono a lui; e, guadagnato il favore di Blasto, ciambellano del re, chiesero pace, perché il loro paese riceveva i viveri dal paese del re. 21 Nel giorno fissato, Erode indossò l'abito regale e sedutosi sul trono, tenne loro un pubblico discorso. 22 E il popolo acclamava: «Voce di un dio e non di un uomo!» 23 In quell'istante un angelo del Signore lo colpì, perché non aveva dato la gloria a Dio; e, roso dai vermi, morì.
Si noti che il testo non dica che il discorso di Agrippa era offensivo per Dio, ma solo che Agrippa "non aveva dato la gloria a Dio", e che quindi un angelo di Dio punì Agrippa facendolo rodere dai vermi fino alla morte!

Ma che morale è questa?

Si noti anche che, differentemente da molti eventi narrati nel Nuovo Testamento, la morte di Agrippa è narrata anche da uno storico non cristiano contemporaneo ai fatti, l'ebreo romanizzato Giuseppe Flavio, il quale fornisce una seconda versione che permette di gettare un po' di luce su questo episodio.

Nelle Antichità giudaiche (XIX.8), infatti, Giuseppe narra che Agrippa si trovava a Cesarea in occasione delle celebrazioni per l'ascesa al trono dell'imperatore romano Claudio (41), di cui era amico d'infanzia. Agrippa indossò un vestito intessuto d'argento e si presentò al teatro: i suoi sostenitori (Cesarea era in Giudea, ma la popolazione era ellenistico-romana e le celebrazioni non erano certo ebraiche) gridarono che sembrava un dio, e, precisa Giuseppe, Agrippa "non li rimproverò né rifiutò le loro sacrileghe lodi". In quel momento un gufo si posò su di un canopo steso sulla testa di Agrippa, e il re ne dedusse che la sua fine era vicina. Secondo Giuseppe, Agrippa sentì un fortissimo dolore al ventre e fu portato al palazzo. Il popolo si recò davanti al palazzo vestito di stracci, pregando Dio di salvare il loro amato sovrano (Agrippa era un fervente ebreo); questa devozione fece piangere persino Agrippa, il quale, però, dopo cinque giorni di agonia morì.

Da un'analisi parallela dei due brani, si vede come alla base vi fosse un evento storico o quanto meno una storia verosimile: Agrippa era comparso in pubblico, la gente lì riunita (presumibilmente gentili, dato il contesto) lo aveva paragonato ad un dio, Agrippa aveva provato un dolore lancinante e dopo alcuni giorni era morto.

L'autore degli Atti degli Apostoli non si fece scappare questo episodio per provare come Dio punisse coloro che perseguivano i cristiani (il brano immediatamente precedente quello della morte di Agrippa narra le persecuzioni del re contro Giacomo e Pietro) e dunque come Dio fosse dalla parte dei cristiani: attribuì infatti all'intervento di Dio la sofferta morte di Agrippa.

Forse l'autore di Atti raggiunse il suo scopo con questa manipolazione; di fatto, ha lasciato i cristiani moderni con una bella gatta da pelare.

L'immagine raffigura una moneta di bronzo di Agrippa I, recante al dritto l'effige del sovrano (immagine proveniente da CNG coins, rilasciata sotto GFDL e CC-by-sa). La traduzione del Nuovo Testamento è quella dell'edizione Nuova Riveduta. L'ispirazione per questo articolo è "God's 110th Killing: An angel killed Herod for not giving the glory to God" di
Dwindling In Unbelief.

5 commenti:

  1. censore guardati di non finire come agrippa

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  2. Caro Censore,
    grazie per la bella analisi, ma io obietterei che non devi trattare i due passi come paralleli. In effetti, e' del tutto probabile che Atti conosca il racconto di Giuseppe e che lo abbia rielaborato.
    Saluti

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  3. "ma io obietterei che non devi
    trattare i due passi come paralleli. In effetti, e' del tutto probabile che Atti conosca il racconto di Giuseppe e che lo abbia rielaborato.
    "

    Mi risulta che Antichità giudaiche sia stato composto verso la fine del regno di Domiziano, nel 93-94 circa. Mi risulta anche che la datazione degli Atti è fatta risalire da differenti studiosi a periodi differenti, con un leggero consenso per il periodo attorno all'80, ma comunque con la possibilità che siano stati composti più tardi. Le risultano le stesse cose?

    Ad ogni modo, non credo sia necessario supporre la dipendenza di Atti da Antichità: se la storia narrata da Giuseppe è abbastanza corrispondente al vero, la morte di Agrippa deve essere stata un episodio di una certa risonanza, e non mi pare impossibile la trasmissione di questa memoria indipendentemente da Giuseppe Flavio.

    Ma queste sono solo speculazioni di un ignorante in materia: sarei lieto di conoscere la sua opinione a riguardo delle ragioni per cui "Luca" conoscesse le Antichità Giudaiche.

    La saluto
    IlCensore

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  4. Mi accorgo ora che la mia risposta qui sopra potrebbe sembrare alquanto "saputella" e "spocchiosa": vorrei chiarire che non è affatto questa la mia intenzione, è solo che, data la tarda ora, non ho riletto la risposta prima di pubblicarla.

    Saluti,
    IlCensore

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  5. Caro Censore,
    si figuri: non ho notato alcun tono particolare.
    In effetti le date da lei riportate corrispondono al consenso della maggioranza degli studiosi, ma la datazione degli Atti in fondo si basa solo su precomprensioni teologiche.
    In realta', se si guarda bene la relazione proprio con l'opera di Giuseppe, non si puo' evitare di concludere che Luca ha scritto dopo che le Antichita' erano state completate e questo rimette tutto in gioco.
    Ne ho parlato qui: http://ta-biblia.blogspot.com/2009/10/la-datazione-di-luca-e-atti-i.html.
    Saluti

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