martedì 30 marzo 2010

Contraddizioni evangeliche: profeti, veli e centurioni

Continuo a citare dal libro Jesus, Interrupted, di Bart Ehrman. Alle pagine 50-52 (HarperOne, 2009), Ehrman elenca una serie di discrepanze "minori", tra cui quella sull'asina di cui ho parlato ieri. Le altre sono riportate di seguito.

Gesù interrogato dal sommo sacerdote

Dopo aver narrato l'arresto di Gesù a Getsemani, l'autore del Vangelo secondo Marco (il più antico dei vangeli canonici, secondo gli studiosi moderni) racconta che Gesù fu portato dinanzi al sommo sacerdote. Poiché che le testimonianze portate contro il prigioniero non erano sufficienti ad incriminarlo, il sommo sacerdote in persona si rivolge a Gesù.

Vangelo secondo Marco, 14:
61b Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?». 62 Gesù rispose: «Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell'uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo
».
Gesù non risponde solo di essere il Messia, ma annuncia che i presenti assisteranno al compimento della profezia contenuta nel libro di Daniele (7, 13-14: "ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui,
che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto.")

Nel Vangelo secondo Matteo e in quello secondo Luca, posteriori di qualche lustro a quello secondo Marco, la risposta di Gesù è diversa in un solo particolare, ma molto interessante.

Vangelo secondo Matteo, 26:
64 Gesù gli rispose: «Tu l'hai detto; anzi vi dico che da ora in poi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza, e venire sulle nuvole del cielo».
Vangelo secondo Luca, 22:
69 Ma da ora in avanti il Figlio dell'uomo sarà seduto alla destra della potenza di Dio».
Come detto la differenza è minima ma rivelatrice. Mentre in Marco Gesù dice che i presenti vedranno (in un futuro indefinito, ma comunque mentre sono ancora in vita) il Figlio dell'Uomo della profezia di Daniele, in Matteo e Luca, composti come detto anni dopo Marco e dunque anni dopo la morte di molti di quanti assistevano a quel processo, Gesù parla di questo evento come se iniziasse col suo annuncio.


In altre parole, vivendo in un'epoca in cui i presunti testimoni della profezia, il sommo sacerdote e gli scribi, sono morti o stanno morendo senza che la profezia di Gesù si sia avverata, Matteo e Luca sembrano porsi il problema del fallimento di questa profezia, e modificano le parole di Gesù in modo che la profezia parli di un avvento simbolico e non reale.

Il profeta sbagliato

Come detto nel post di ieri, l'autore del Vangelo secondo Matteo è interessato a mostrare come la vita di Gesù sia il compimento di molte profezie contenute nell'Antico Testamento; per questo motivo è frequente incontrare locuzioni come "Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta".

Come detto ieri, però, ogni tanto Matteo sbaglia a citare le profezie. A parte la famosa confusione tra "giovane donna" e "vergine" e lo sdoppiamento dell'asino nell'episodio dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme, Matteo incorre anche in veri e proprie attribuzioni errate.

Matteo racconta della morte di Giuda e del fatto che i sacerdoti acquistarono un campo detto "Campo del vasaio", che prese poi il nome di "Campo del sangue" (Akeldamà). Poi aggiunge:

Vangelo secondo Matteo, 27:
9 Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato, 10 e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.
Il problema è che, stranamente, Matteo non si accorge che in Geremia non c'è una tale profezia, che invece è una parafrasi di Zaccaria 11,12-13 ("12 Poi dissi loro: «Se vi pare giusto, datemi la mia paga; se no, lasciate stare». Essi allora pesarono trenta sicli d'argento come mia paga. 13 Ma il Signore mi disse: «Getta nel tesoro questa bella somma, con cui sono stato da loro valutato!». Io presi i trenta sicli d'argento e li gettai nel tesoro della casa del Signore.").

Come si vede, pur di dimostrare l'avverarsi di un'altra profezia, Matteo giunge a sbagliare profeta e profezia!

Il velo del Tempio

Il luogo più sacro del Tempio di Gerusalemme, il "sancta sanctorum", era la zona più interna del Tempio, quella in cui neppure il Sommo sacerdote poteva entrare, se non in un particolare giorno dell'anno, lo Yom Kippur (il "Giorno dell'espiazione"), in cui offriva un sacrificio a Dio per i propri peccati e poi uno per i peccati del popolo.

Il sancta sanctorum era separato dal resto del Tempio da un velo. Ed è proprio intorno al destino di questo velo che si contraddicono gli evangelisti, e per motivi che vedremo essere teologici.

Nel Vangelo secondo Marco, Gesù muore in croce e immediatamente il velo del Tempio si squarcia (capitolo 15):
37 Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
38 Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso.
Nel Vangelo secondo Luca, invece, prima il velo si squarcia e poi Gesù muore (capitolo 23):
44 Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 45 Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. 46 Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò.
Quello che sembra un particolare irrilevante, ancora una volta getta luce sul carattere teologico delle narrazioni evangeliche, carattere che sovrasta quello storico.

Innanzitutto va detto che non esistono testimonianze della distruzione del velo del Tempio prima della distruzione del Tempio stesso nel 70, quando i Romani catturarono Gerusalemme dopo un lungo assedio e il Tempio prese fuoco.

In Marco, la rottura del velo indica che la morte di Gesù sancisce la fine dei sacrifici al Tempio: con la morte di suo figlio, Dio perdona i peccati degli uomini e si avvicina ad essi, e dunque non vi è bisogno di un velo che li separi.

In Luca la rottura del velo non sta ad indicare il perdono dei peccati, in quanto Gesù non è ancora morto. Piuttosto sottolinea il fatto che questo momento, la morte di Gesù, è il momento da lui stesso annunciato al momento dell'arresto: "questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre" (Vangelo secondo Luca, 22,53). Con la rottura del velo, Dio sembra rigettare la religione del Tempio stesso.

Come si vede, un evangelista ha inserito un episodio probabilmente mai accaduto, la rottura del velo, e l'altro l'ha manipolato, ed entrambi l'hanno fatto con intenzioni puramente teologiche, senza interesse per la veridicità della narrazione.

Le parole del centurione

Un'ultima (per questa trattazione) differenza tra il Vangelo secondo Marco e il Vangelo secondo Luca getta ulteriore luce sui differenti intenti dei due evangelisti nel compilare le loro narrazioni, oltre alla già evidenziata disponibilità a "cesellare" la narrazione in modo che si adatti a questi intenti.

Dopo la morte di Gesù, Marco fa riconoscere Gesù come il Figlio di Dio da un centurione romano.
Vangelo secondo Marco, 15:
39 Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!».
Luca narra anche lui del centurione, ma gli fa dire una frase diversa.
Vangelo secondo Luca, 23:
47 Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: «Veramente quest'uomo era giusto».
Per Marco, quindi, il centurione riconosce Gesù come Figlio di Dio; in Luca, invece, il centurione riconosce l'innocenza di Gesù. Ad un evangelista interessa il riconoscimento di Gesù-dio, all'altro interessa sottolineare come i Romani non avessero alcuna colpa della sua morte.

La prima immagine è il Gesù davanti a Caifa, di Giotto, dalla Cappella degli Scrovegni a Padova. Nella seconda immagine, in basso a sinistra è visibile il "Campo di sangue" (foto da http://www.bibleistrue.com). La terza immagine è un'illustrazione della rottura del velo del Tempio dal libro Our Day di Spicer (da http://www.gutenberg.org/files/18503/18503-h/18503-h.htm). La quarta immagine è un fotogramma de The Greatest Story Ever Told, un film di George Stevens del 1965 (Gesù è Max von Sydow, il centurione John Wayne). Le traduzioni italiane delle Scritture sono quelle dell'edizione CEI.

1 commento:

  1. E' curioso anche il fatto che "Marco" sembra più interessato a riportare le parole di un centurione che le ultime di Gesù.
    Complimenti per il blog.

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