giovedì 1 aprile 2010

Contraddizioni evangeliche: il giorno della morte di Gesù

Come molti altri cristiani, per lungo tempo ho avuto una frequentazione del Vangelo «per interposta persona». Certo, leggevo il Vangelo e lo meditavo, anche se devo ammettere che, da ragazzo, mi interessavano molto di più le storie narrate che le sottigliezze teologiche, ma per comprendere il «vero» significato del messaggio di Gesù, mi fidavo del mio sacerdote, delle sue interpretazioni.

In particolare, ricordo che ero affascinato dalla narrazione degli eventi della Passione di Gesù, di tutti quei momenti altamente drammatici e narrativamente coinvolgenti che vanno dall'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, a cavallo di un asino e tra le ali festanti, fino alla morte di Gesù e poi alla sua risurrezione. Mi piacevano anche le cerimonie cattoliche centrate su questi momenti: la Domenica delle Palme con la sua processione, le palme, i suoi canti; la lavanda dei piedi, cui una volta vi partecipai come uno dei «lavandi»; la Pasqua. Era in questi momenti che assimilavo gli eventi cruciali della vita terrena di Gesù, quasi per osmosi, durante la lettura dei vangeli.

Devo riconoscere, quindi, che fui non poco turbato quando lessi da qualche parte che le narrazioni evangeliche della morte di Gesù sono su alcuni punti assolutamente incompatibili: in anni, decenni di settimane pasquali con i relativi riti e le relative letture, non avevo mai sospettato una cosa del genere. Invece di andare a chiedere spiegazioni al mio sacerdote, cercai qualche informazione su Internet, e capitai su un sito che presentava tutta una serie di elucubrazioni sul calendario ebraico adottato a Gerusalemme e le sue differenze con quello di Qumran, e mi scrollai la questione di dosso, liquidandola con una delle solite speculazioni sul "mistero" dei Manoscritti del Mar Morto.

Anni dopo ho scoperto che realmente la narrazione della morte di Gesù nei sinottici (Marco, Matteo e Luca) è incompatibile con quella in Giovanni. In questo post presenterò le differenze che riguardano il giorno della morte di Gesù, in relazione con la festività ebraica della Pesach (la Pasqua ebraica). Come per i post precedenti, non presento riflessioni mie, ma argomentazioni note da secoli agli studiosi e che riprendo dai libri di Bart Ehrman (ma Giovanni Bazzana ha pubblicato oggi un post sullo stesso argomento, di certo più «avanzato» del mio).

Pesach, la Pasqua ebraica


Nel mio immaginario, la storia della fuga degli Ebrei dall'Egitto sotto la guida di Mosè è legata alle magnifiche immagini del film I dieci comandamenti, con Charlton Heston nei panni di Mosè e Yul Brynner in quelli del Faraone.

La storia è famosissima, una delle più belle dell'Antico Testamento. Gli Ebrei sono in Egitto, dove vivono da secoli come schiavi degli Egiziani, e Dio manda Mosè a liberarli e a portarli nella Terra Promessa (l'Esodo). Dato che il Faraone non è certo contento di perdere la propria forza lavoro servile, e dato che Dio gli "indurisce il cuore" ripetutamente, Dio manda diverse piaghe per piegare la volontà del Faraone. Di queste piaghe l'ultima, quella decisiva per la liberazione degli Ebrei, è quella più tragica: la morte di tutti i primogeniti degli Egiziani (bellissima la scena in cui il figlio primogenito del Faraone muore, e Yul Brinner chiede inutilmente al dio egiziano di risuscitarlo).

Affinché la piaga non colpisca gli Ebrei, Dio dice a Mosè di ordinare agli Ebrei di sacrificare un agnello e di bagnare gli stipiti della porta di casa col suo sangue; ordina loro anche di mangiare in fretta il loro pasto serale. Quella notte, mentre gli Ebrei cenano, l'angelo di Dio attraversa l'Egitto uccidendo tutti i primogeniti; ma quando incontra case con gli stipiti bagnati di sangue, passa oltre. A seguito di questa pestilenza, il Faraone lascia liberi gli Ebrei di uscire dall'Egitto.

Da allora gli Ebrei celebrano la festa di Pesach, la Pasqua ebraica, in commemorazione di quella liberazione, e cenano mangiando erbe amare (per ricordare l'amarezza della loro schiavitù in Egitto), agnello (in ricordo di quello mangiato nella sera della liberazione), pane azzimo (dunque non lievitato, a ricordare la fretta con cui cenarono nella notte fatale) e bevendo vino in alcuni brindisi rituali.

All'epoca di Gesù, in occasione della Pesach gli Ebrei andavano a Gerusalemme, in quanto il Tempio di Gerusalemme era il luogo dove fare sacrifici a Dio; qui acquistavano gli agnelli e li davano ai sacerdoti, i quali, il giorno prima di Pesach, detto parasceve o "giorno della preparazione", li uccidevano, li dissanguavano, li scuoiavano e poi restituivano le carcasse agli offerenti. Poiché per gli Ebrei il giorno iniziava la tramonto, invece che alla mezzanotte, col tramonto successivo al sacrificio degli agnelli iniziava il giorno di Pesach; il pasto serale successivo al sacrificio degli agnelli era dunque la cena di Pesach.

L'ultima cosa da sapere a riguardo della parasceve e della Pesach è che con la parasceve iniziava una festa lunga una settimana, la "Festa dei Pani Azzimi".

La versione di Marco: Gesù muore a Pasqua
Nel Vangelo secondo Marco (14) gli apostoli chiedono a Gesù istruzioni per la preparazione della cena della Pasqua:

12 Il primo giorno degli Azzimi, quando si sacrificava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?»
E' dunque chiaro che la scena si svolge il giorno della parasceve, che coincideva appunto col primo giorno della Festa dei Pani Azzimi, e che la cena di cui si parla è appunto la cena di Pesach, la cena di Pasqua.

Allora i gesti di Gesù durante quella che sarà la sua ultima cena hanno un chiaro significato: quando prende il pane e afferma che quello è il suo corpo e poi il vino e afferma che quello è il suo sangue, sta caricando di nuovi significati dei cibi che fanno già parte del rituale ebraico della Pesach.

Dopo la cena, Gesù va a pregare ai Getsemani, è arrestato, portato davanti al Sinedrio, poi processato da Pilato e condannato a morte. La sua crocifissione avvenne, secondo Marco, alle nove del mattino (Vangelo secondo Marco, 15):

25 Era l'ora terza quando lo crocifissero.
Quindi, riepilogando, per Marco gli apostoli preparano la cena di Pasqua il giorno di parasceve, quindi l'Ultima Cena coincide con la Pesach, e Gesù muore la mattina dopo la cena di Pesach, dunque ancora durante Pesach stessa.

La versione di Giovanni: Gesù muore il giorno di parasceve

Il Vangelo secondo Giovanni fu scritto almeno vent'anni dopo quello marciano, attorno al 90 circa, anche se vi sono studiosi che lo datano anche trent'anni dopo, al 120 circa.

Anche Giovanni afferma che Gesù andò a Gerusalemme per celebrare Pesach. A differenza di Marco, però, Giovanni non riporta la richiesta di istruzioni per preparare la cena di Pesach da parte degli apostoli; anzi, iniziando il racconto dell'ultima cena di Gesù, Giovanni afferma esplicitamente che si svolse prima di Pesach (Vangelo secondo Giovanni, 13: «1 Or prima della festa di Pasqua [...]»).

Per di più, secondo Giovanni, durante l'ultima cena Gesù non benedice il pane e il vino, ma lava i piedi ai propri apostoli.

Dopo la cena Gesù va a pregare, è tradito e arrestato, portato davanti alle autorità ebraiche; poi passa la notte in carcere e il mattino dopo è portato davanti a Ponzio Pilato, condannato e immediatamente crocifisso.

L'evangelista precisa che, quando Pilato portò Gesù davanti agli Ebrei, «14 Era la preparazione della Pasqua, ed era l'ora sesta» (Vangelo secondo Giovanni, 19).

In altre parole, secondo Giovanni la cena di Gesù non era quella di Pesach e che Gesù morì il giorno di parasceve, quando, secondo Marco, Gesù non era stato ancora neppure arrestato.

Motivazioni teologiche dell'incongruenza

L'incongruenza tra queste due narrazioni è nota da tempo, e diversi sono stati i tentativi di riconciliazione tra le due versioni.

Ad esempio secondo alcuni, come Ricciotti, vi sarebbe stata una divergenza tra diverse fazioni di ebrei sulla compilazione del calendario, per cui per alcuni lo stesso giorno della morte di Gesù sarebbe stato il 14 del mese di nisan (Giovanni) mentre per altri sarebbe stato il 15 nisan (Marco). Purtroppo non esistono fonti che sostengano questa speculazione, e del resto Marco dice esplicitamente che Gesù mangiò la cena di Pesach, e dunque l'agnello sacrificato per questa occasione, mentre Giovanni afferma esplicitamente che Gesù morì il giorno della preparazione, quando gli agnelli non erano stati ancora sacrificati.

Ma se si cerca di comprendere la ragione dell'incongruenza fra le due versioni, invece di tentare inutilmente di cancellarla, si può comprendere come i due evangelisti avessero due punti di vista teologicamente differenti e come le loro narrazioni riflettano queste visioni.

Per Marco è importante il fatto che Gesù celebri la cena di Pesach e che in questa occasione istituisca l'eucarestia: facendo ciò, Gesù carica di nuovi significati la festa ebraica, trasfigurandola.

Per Giovanni, invece, è importante l'identificazione di Gesù con l'"agnello di Dio" che viene sacrificato per i peccati degli uomini: Gesù muore il pomeriggio di parasceve, nell'istante in cui gli agnelli pasquali sono sacrificati nel Tempio, e assume quindi il loro ruolo di sacrificio a Dio il bene dell'umanità. E per questo motivo in Giovanni l'ultima cena di Gesù non può essere la cena pasquale.

Le fonti di queste osservazioni sono due libri di Bart Ehrman, Jesus, Interrupted e Jesus, Apocalyptic Prophet of the New Millennium. Segnalo anche una comoda tabella riassuntiva delle due cronologie, ad opera di Felix Just: The Death of Jesus in Mark vs. John, http://catholic-resources.org/Bible/Jesus-Death.htm. L'immagine dell'ultima cena è del Maestro del Libro di casa, attivo alla fine del XV secolo. La foto del testo greco di Giovanni è "The Lamb of God - Greek Bible" di Brian Petersen.

2 commenti:

  1. Caro Censore,
    grazie per il riferimento al mio post, ma di certo lei e' troppo buono. La mia breve nota e' infatti assai meno precisa e specifica della sua.
    Colgo l'occasione per segnalarle che il tema e' stato trattato anche qui (http://letterepaoline.wordpress.com/2010/04/01/gli-ultimi-giorni-di-gesu/) con molta ricchezza di particolari e in un modo che forse potrebbe servirle per rievocare i suoi passati "incontri" con i calendari esseni.
    Saluti

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  2. Grazie per la segnalazione.

    Saluti,
    IlCensore

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