mercoledì 21 aprile 2010

L'Origine delle (argomentazioni) speciose


Esce oggi in Italia per la Feltrinelli il controverso libro Gli errori di Darwin, del filosofo e cognitivista Jerry Fodor e del cognitivista Massimo Piattelli-Palmarini.

Il titolo scelto fa intuire come questo libro diventerà il cavallo di battaglia di quella schiera di oscurantisti che, in nome della religione (con eccezioni più uniche che rare), combattono l'idea stessa di evoluzione. L'arrivo di questo libro ha causato infatti un grande fermento in quel sottobosco di cattolicisti italiani che sono disposti a negare una teoria scientifica così forte come quella dell'evoluzione, pur di rimuovere quello che percepiscono come un ostacolo alla loro visione religiosa del mondo.

Già da giorni sono comparsi su Internet commenti trionfalistici da parte dei denigratori della teoria dell'evoluzione, creazionisti in primis, secondo i quali questo libro smonterebbe il fondamento scientifico del Darwinismo.

Ma è vero? Fodor e Piattelli-Palmarini, nessuno dei quali è creazionista (anzi, sono atei), demoliscono realmente il Darwinismo? Per scoprirlo bisogna andare a leggere cosa i due autori dicono nell'articolo «Survival of the fittest theory: Darwinism's limits», pubblicato su New Scientist il 3 febbraio di quest'anno, in cui presentano il contenuto del loro libro, e le reazioni della comunità scientifica alle loro opinioni.

Come funziona l'evoluzione?

Ecco come Fodor e Piattelli-Palmarini descrivono la teoria dell'evoluzione (che loro definiscono "neo-Darwinismo"). Innanzitutto spiegano la variabilità casuale dei genotipi, cioè dei corredi genetici dei singoli individui, e quella conseguente dei fenotipi, i corpi dei singoli individui intesi come espressione dei rispettivi genotipi:


Ecco come dovrebbe funzionare la selezione naturale. Ciascuna generazione contribuisce con una copia imperfetta del proprio genotipo - e dunque del proprio fenotipo - al proprio successore. Il neo-Darwinismo suggerisce che queste imperfezioni sono originate principalmente da mutazioni nei genomi dei membri della specie in questione.

Ciò che è importante è che le alterazioni del fenotipo che il meccanismo di trasmissione dei tratti produce sono casuali. Supponiamo, per esempio, che una particolare caratteristica di colorazione faccia parte del fenotipo di una particolare specie, e che i membri dell'i-esima generazione di quella specie siano marrone-rossiccio. Supponiamo anche che i meccanismi che copiano fenotipi da ciascuna generazione alla successiva siano "imperfetti" nel senso spiegato qui sopra. Allora, a parità di altre condizioni, la colorazione dell'i+1-esima generazione formerà una distribuzione casuale attorno alla colorazione media della generazione precedente: la maggior parte dei discendenti saranno più o meno simili ai loro genitori, ma alcuni saranno più rossi che marroni, e alcuni più marroni che rossi.
Poi passano a spiegare la selezione naturale:
Questa supposizione spiega la variazione casuale col tempo dei tratti fenotipici, ma non spiega perché i tratti fenotipici evolvano. Dunque assumiamo anche che, nell'ambiente abitato dalla specie, i membri con colorazione marrone siano più "adatti" che quelli con colorazione rossiccia, a parità di altre condizioni. [...]

Da una certa quantità di ragionamento concettuale e matematico deriva che, a parità di altre condizioni, l'adattamento [fitness] dei fenotipi della specie aumenterà, in generale, col tempo, e che i fenotipi di ciascuna generazione somiglieranno ai fenotipi dei suoi predecessori vicini più di quanto non somiglieranno ai fenotipi dei loro precedessori lontani.
Successivamente gli autori riconoscono che i casi in cui l'aumento dell'adattamento di una specie all'ambiente non cresce non confutano la teoria: si tratta di casi in cui il requisito «a parità di altre condizioni» non è verificato.

Critiche al Darwinismo


Quali sono le critiche di Fodor e di Piattelli-Palmarini alla teoria dell'evoluzione?
Nel nostro libro, sosteniamo in dettaglio che [...] la formulazione dell'evoluzione di Darwin [...] sovrastima il contributo dell'ambiente nel dare forma al fenotipo di una specie e sottostima corrispondentemente gli effetti delle variabili interne. Per Darwin, l'unico contributo degli organismi alla determinazione di come i fenotipi della generazione successiva differiscono dai fenotipi della generazione genitrice è la variazione casuale. Tutte le variabili non casuali vengono dall'ambiente.

Si supponga, invece, che Darwin abbia sbagliato su questo e che vari fattori interni siano responsabili per i dati. Se fosse così, vi sarebbe inevitabilmente meno da fare per il filtraggio dell'ambiente.

[...] Nel nostro libro presentiamo un'ampia e varia panoramica dei vincoli non-ambientali alla trasmissione dei tratti. Questi includono vincoli imposti "dal basso" dalla fisica e dalla chimica, vale a dire, dalle interazioni molecolari in su, attraverso geni, cromosomi, cellule, tessuti e organismi. E vincoli imposti dall'"alto" da principi universali di forma fenotipica e auto-organizzazione — cioè attraverso i vincoli della minima energia, del percorso più breve, dell'impacchettamento ottimale e così via, giù fino alla morfologia e alla struttura degli organismo.
Fanno poi un esempio:
Si consideri il seguente caso: i tratti t1 e t2 sono collegati internamente in maniera tale che se una creatura ne possiede uno, li possiede entrambi. Ora, il fondamento della selezione naturale è l'affermazione che i tratti fenotipici sono selezionati per la loro adattabilità, cioè per il loro effetto sulla capacità [fitness]. Ma è chiaramente possibile che uno dei due tratti collegati sia adattabile ma l'altro no; avere uno di loro influisce sulla capacità [fitness], ma avere l'altro no. Così uno è selezionato e l'altro riceve un "passaggio gratis".

Dobbiamo sottolineare che che ogni caso come questo (e noi sosteniamo nel nostro libro che i passaggi gratis sono onnipresenti) è un controesempio della selezione naturale. I passaggi gratis dimostrano che l'affermazione generica che i tratti fenotipici sono selezionati per i loro effetti sulle capacità [fitness]; il resto sono selezionati per... beh, per ragioni completamente differenti, o forse per nessuna ragione.
Fodor e Piattelli-Palmarini riassumono così la loro critica:
Una conclusione importante del nostro libro è che, quando i tratti fenotipici sono collegati internamente, non c'è modo che la selezione possa distinguere tra di loro: la selezione di uno selezione l'altro, a prescindere dai loro effetti sulla capacità [fitness].
E' chiaro che Fodor e Piattelli-Palmarini non negano l'esistenza dell'evoluzione, né sostengono l'impossibilità che essa funzioni attraverso vincoli "meccanicistici". Semplicemente sostengono che il ruolo di selezione dei tratti non sia svolto dall'ambiente, ma da vincoli di altro tipo, fisico/chimici e strutturali.

Nella spiegazione dell'evoluzione non c'è dunque spazio per creatori, demiurghi o "progettisti intelligenti", neppure nella versione di Fodor e Piattelli-Palmarini.
Jerry Fodor

"Tendenze imperialistiche" della selezione naturale


L'ultimo brano dell'articolo getta luce sulle motivazioni degli autori. Naturalmente queste motivazioni personali non modificano il giudizio scientifico sulla loro opera, ma credo siano interessanti lo stesso.

Fodor e Piattelli-Palmarini affermano che la selezione naturale ha mostrato «insidiose tendenze imperialistiche». Cosa intendono con questa frase? Si riferiscono alla propagazione del principio della selezione naturale dall'ambito della biologia ad altre discipline. Secondo gli autori, nell'ambito di «filosofia, psicologia, antropologia, sociologia, e persino estetica e teologia» si sono diffuse spiegazioni a posteriori modellate sul ruolo della selezione naturale nell'evoluzione.

In queste discipline, secondo Fodor e Piattelli-Palmarini, il fascino della selezione naturale si è tramutata nella pratica di fornire spiegazioni a posteriori, basate sugli ipotetici vantaggi garantiti da tratti "fenotipici" in ipotetici "ambienti". Questo genere di approcci sparirebbe nelle altre discipline, se la selezione naturale scomparisse dalla biologia.

E questo sarebbe un risultato desiderabile, perché questi approcci hanno dimostrato di essere «non solo a posteriori, ma anche ad hoc, crudi, riduzionisti, scientisti piuttosto che scientifici, svergognatamente auto-celebrativi».

Lo scopo di Fodor e Piattelli-Palmarini è dunque quello di rimuovere la selezione naturale dalla biologia per rimuovere questi approcci dalle altre discipline: «è per questo che abbiamo scritto il nostro libro».
Jerry Coyne

Critiche alle critiche


Il libro di Fodor e Piattelli-Palmarini ha ricevuto un'accoglienza poco calorosa. Le ragioni sono che affianca errori marchiani ad errori più sottili.

L'errore marchiano, che chiunque abbia un minimo di conoscenza dell'evoluzione, è affermare l'incoerenza della selezione naturale perché è possibile non sapere per quale tratto la selezione "seleziona". Se due tratti sono inscindibili, se possono esistere solo insieme e non indipendentemente, la selezione funzionerà come si trattasse di un unico tratto, con i vantaggi che sono il cumulo dei vantaggi dei due tratti e gli svantaggi che sono il cumulo dei loro svantaggi.

Ma vi sono errori più sottili, che diversi studiosi hanno fatto notare. Tra questi, il biologo Jerry Coyne, il filosofo Simon Blackburn, il filosofo della scienza Philip Kitcher, il filosofo della biologia Tim Lewens e il biologo Steven Rose (nel proseguo parlerò di Coyne, ma la risposta è stata stesa da tutti e cinque).

Coyne ha ribadito che la selezione naturale è viva e vegeta e «resta l'unica spiegazione possibile dell'apparente "progetto" degli organismi – il notevole adattamento tra loro e i loro ambienti e stili di vita – che una volta era attribuito al divino».

Ha individuato anche due fallacie nel ragionamento di Fodor e Piattelli-Palmarini.

La prima è che Fodor afferma l'impossibilità della selezione naturale perché la selezione non è un agente pensante e non può decidere quale tratto selezionare. E se non è possibile spiegare quale tratto è stato selezionato, allora non è stata la selezione naturale a selezionare. Coyne spiega che non c'è bisogno di introdurre un agente pensante, "Madre Natura", per attivare la selezione naturale. Se un tratto fornisce un vantaggio adattativo, questo sarà selezionato, in quanto si diffonderà tra la popolazione.

La seconda critica di Coyne a Fodor è che i vincoli di cui Fodor e Piattelli-Palmarini parlano esistono e sono ben noti già dai tempi di Darwin, ma non sono la forza primaria che manda avanti il processo di selezione. I vincoli fisico/chimici o strutturali possono spiegare per quale motivo, ad esempio, un occhio assume quella conformazione particolare, ma c'è bisogno della selezione naturale per far "emergere" l'occhio: senza di essa non vi sarebbe nulla su cui i vincoli fisico/strutturali potrebbero agire.

Della stessa opinione è il filosofo della scienza Michael Ruse, nella recensione «Origin of the Specious» (un gioco di parole sul titolo del libro di Darwin, Origin of the Species, che ho mutuato per questo post) sul The Boston Globe. Ruse afferma:
In risposta [alle argomentazioni di Fodor e Piattelli-Palmarini], si può solo dire che si tratta di incomprensioni della natura della scienza. Il Darwinismo non sostiene che il mondo sia stato progettato. Questo è quello che affermano quelli del Disegno intelligente. Il Darwinismo usa una metafora per comprendere il mondo non-pensante materiale. Trattiamo il mondo come fosse il prodotto di un progetto, perché fare ciò ha un tremendo valore euristico. E l'uso della metafora è comune nella scienza.

Allora perché queste discussioni? L'indizio è fornito alla fine, quando gli autori iniziano a citare come – esempi di terrificante Darwinismo – affermazioni che la natura umana potrebbe essere stata modellata dalla selezione naturale. All'inizio del libro, affermano orgogliosamente di essere atei. Forse è così. Ma il mio sospetto è che, come i cristiani, Fodor e Piattelli-Palmarini non reggano l'idea che gli esseri umani possano essere semplicemente degli organismi, non migliri del resto del mondo vivente. Dobbiamo essere speciali, superiori ad altri abitanti del Pianeta Terra. I cristiani dicono chiaramente di credere che gli esseri umani sono speciali e che spiegarli è al di là della portata della scienza. Avrei sperato che i nostri autori fossero stati un po' più chiari sul fatto che questa è anche la loro visione.
Altre critiche devastanti sono state avanzate sulla metodologia di indagine di Fodor e Piattelli-Palmarini da parte di filosofi come Ned Block e Philip Kitcher («Misunderstaning Darwin», Boston Review), Samir Okasha (Times Literary Supplement), Massimo Pigliucci («A misguided attack on evolution», Nature), che così difende l'onore italiano ;-)

Sostenitori di F&P-P

Naturalmente esistono anche reazioni positive al libro di Fodor e Piattelli-Palmarini, e non sarebbe corretto nasconderle. Il problema semmai sarebbe nasconderle, data l'autorevolezza dei sostenitori.

A "sbrodolare" per il libro di Fodor e Piattelli-Palmarini è, ad esempio, Suzan Manzur. Manzur è una giornalista che ha pubblicato un libro on-line in cui smaschera il complotto per celare la morente "industria dell'evoluzione", e che ha l'onore di essere citata nell'edizione italiana del libro di Fodor e Piattelli.

Un caloroso benvenuto ai due autori è stato formulato dalle principali menti dietro il Discovery Institute, un'organizzazione per la diffusione del Disegno intelligente, cioè del creazionismo travestito da scienza.

Infine, il libro è stato ampiamente celebrato dal think tank della destra italiana che è Il Foglio di Giuliano Ferrara.

Credo che soppesare i sostenitori e i detrattori di questa opera possa dare un'idea ben chiara del suo valore.

Lo spunto per questo post è stata la serie di articoli sull'argomento pubblicati da Jerry Coyne sul suo sito, Why Evolution Is True.

2 commenti:

  1. Caro Censore,

    Sono da poco ritornato su questo articolo che avevo salvato tra i miei bookmark. Che dire? Hai fatto una sintesi fantastica e chiarissima degli argomenti. Nemmeno Jerry Coyne (che e' uno dei miei autori favoriti) si e' espresso meglio.

    Complimenti,
    --Andrea

    RispondiElimina
  2. Grazie. Ho colto l'occasione per correggere qualche errore di ortografia, specie nelle traduzioni dall'inglese.

    RispondiElimina