La fede ha dei "costi occulti".
Certo, avere fede porta una serie di vantaggi. Si hanno risposte certe, anche se non necessariamente corrette, sul trascendente e sui problemi morali, col corredo di un sistema di valori "pronto per l'uso". Inoltre si fa generalmente parte di comunità di credenti solidale.
Di contro vi sono degli svantaggi, quelli che ho chiamato "costi occulti". Le regole morali e pratiche e i valori della propria religione sono dei vincoli alla libertà personale, inevitabilmente. Naturalmente molti di questi vincoli non sono vissuti come tali in quanto sono condivisi da ciascuno. Generalmente le persone ritengono immorale uccidere un altro essere umano, e dunque il comandamento biblico del "non uccidere" non è vissuto come un vincolo. Diverso è il caso di altri comandamenti, come il "non desiderare la donna d'altri", una sorta di psicoreato orwelliano: non tutte le persone sentono come immorale il semplice desiderare qualcun altro.
Altre limitazioni imposte dalla fede coinvolgono comportamenti più quotidiani, dato che la religione e il suo sistema morale sono naturalmente pervasivi. Ad esempio, la Chiesa cattolica insegna ai propri fedeli che devono considerare immorale l'aborto in tutte le sue forme, la manipolazione degli embrioni e il suicidio assistito, ma anche il divorzio, i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, il riconoscimento di coppie di fatto e di quelle composte da compagni dello stesso sesso, l'uso del preservativo e il controllo delle nascite con mezzi differenti dall'astinenza sessuale.
E che questi insegnamenti siano una effettiva limitazione della libertà personale, a differenza del quinto comandamento, è dimostrato dal fatto che una percentuale notevole di cattolici non li rispettino e non ne condividano l'immoralità. Una parte rilevante dei cattolici italiani convive prima del matrimonio, ha rapporti sessuali al di fuori di esso, usa metodi di contraccezione. E' poi esperienza comune che anche i cattolici divorzino e ricorrano all'aborto.
Ma come vivono i fedeli questa incompatibilità tra la visione del mondo che deriva dalla loro religione e quella propria personale?
La mia impressione è che molti si limitino a scrollare le spalle. Ad esempio, la ragazza pugliese che per prima ha abortito assumendo la pillola Ru486 ha dichiarato che è cattolica, "ma non sento che, per questo mio gesto, il Signore mi vorrà meno bene". Nel caso di questa donna, dunque, la morale personale le ha fatto superare quella proposta dalla sua religione, mentre in altri casi la gravidanza è portata avanti per motivi religiosi.
In altri casi, invece, il contrasto è drammatico. Ho raccontato il caso del paleontologo statunitense Kurt Wise, che ha deciso di negare l'evoluzione solo perché incompatibile con la sua visione religiosa. La drammaticità di questa scelta è riassunta dalle parole di questo scienziato creazionista: "se tutte le prove dell'universo fossero contrarie al creazionismo, sarei il primo ad ammetterlo, ma sarei ancora un creazionista, perché questo è quello che la Parola di Dio sembra indicare".
Una volta che si assume questa posizione, non c'è modo di cambiarla. Anche se mostrassimo a Wise le innumerevoli prove a favore dell'evoluzione (che Wise del resto conosce, avendole studiate), egli non potrebbe accettarle perché contrarie alla "Parola di Dio". Allo stesso modo, potremmo mostrare ad un fedele le prove che la sua religione, qualunque sia, non è ispirata da Dio, egli non cambierebbe idea. Non lo farebbe perché non può farlo: tutta la sua vita si basa su questa religione, riconoscerne la falsità è un passo difficilissimo da affrontare.
Un passo difficile ma necessario.
L'immagine è "ParentsPstcrd_031710", di Pedestrian Typography (CC-by-nc-sa).
Certo, avere fede porta una serie di vantaggi. Si hanno risposte certe, anche se non necessariamente corrette, sul trascendente e sui problemi morali, col corredo di un sistema di valori "pronto per l'uso". Inoltre si fa generalmente parte di comunità di credenti solidale.
Di contro vi sono degli svantaggi, quelli che ho chiamato "costi occulti". Le regole morali e pratiche e i valori della propria religione sono dei vincoli alla libertà personale, inevitabilmente. Naturalmente molti di questi vincoli non sono vissuti come tali in quanto sono condivisi da ciascuno. Generalmente le persone ritengono immorale uccidere un altro essere umano, e dunque il comandamento biblico del "non uccidere" non è vissuto come un vincolo. Diverso è il caso di altri comandamenti, come il "non desiderare la donna d'altri", una sorta di psicoreato orwelliano: non tutte le persone sentono come immorale il semplice desiderare qualcun altro.
Altre limitazioni imposte dalla fede coinvolgono comportamenti più quotidiani, dato che la religione e il suo sistema morale sono naturalmente pervasivi. Ad esempio, la Chiesa cattolica insegna ai propri fedeli che devono considerare immorale l'aborto in tutte le sue forme, la manipolazione degli embrioni e il suicidio assistito, ma anche il divorzio, i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, il riconoscimento di coppie di fatto e di quelle composte da compagni dello stesso sesso, l'uso del preservativo e il controllo delle nascite con mezzi differenti dall'astinenza sessuale.
E che questi insegnamenti siano una effettiva limitazione della libertà personale, a differenza del quinto comandamento, è dimostrato dal fatto che una percentuale notevole di cattolici non li rispettino e non ne condividano l'immoralità. Una parte rilevante dei cattolici italiani convive prima del matrimonio, ha rapporti sessuali al di fuori di esso, usa metodi di contraccezione. E' poi esperienza comune che anche i cattolici divorzino e ricorrano all'aborto.
Ma come vivono i fedeli questa incompatibilità tra la visione del mondo che deriva dalla loro religione e quella propria personale?
La mia impressione è che molti si limitino a scrollare le spalle. Ad esempio, la ragazza pugliese che per prima ha abortito assumendo la pillola Ru486 ha dichiarato che è cattolica, "ma non sento che, per questo mio gesto, il Signore mi vorrà meno bene". Nel caso di questa donna, dunque, la morale personale le ha fatto superare quella proposta dalla sua religione, mentre in altri casi la gravidanza è portata avanti per motivi religiosi.
In altri casi, invece, il contrasto è drammatico. Ho raccontato il caso del paleontologo statunitense Kurt Wise, che ha deciso di negare l'evoluzione solo perché incompatibile con la sua visione religiosa. La drammaticità di questa scelta è riassunta dalle parole di questo scienziato creazionista: "se tutte le prove dell'universo fossero contrarie al creazionismo, sarei il primo ad ammetterlo, ma sarei ancora un creazionista, perché questo è quello che la Parola di Dio sembra indicare".
Una volta che si assume questa posizione, non c'è modo di cambiarla. Anche se mostrassimo a Wise le innumerevoli prove a favore dell'evoluzione (che Wise del resto conosce, avendole studiate), egli non potrebbe accettarle perché contrarie alla "Parola di Dio". Allo stesso modo, potremmo mostrare ad un fedele le prove che la sua religione, qualunque sia, non è ispirata da Dio, egli non cambierebbe idea. Non lo farebbe perché non può farlo: tutta la sua vita si basa su questa religione, riconoscerne la falsità è un passo difficilissimo da affrontare.
Un passo difficile ma necessario.
L'immagine è "ParentsPstcrd_031710", di Pedestrian Typography (CC-by-nc-sa).
A proposito del preservativo, riporto la seguente e recente citazione:
RispondiEliminaConcentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità, e questa banalizzazione rappresenta proprio la pericolosa ragione per cui tante e tante persone nella sessualità non vedono più l'espressione del loro amore, ma soltanto una sorta di droga, che si somministrano da sé. Perciò anche la lotta contro la banalizzazione della sessualità è parte del grande sforzo affinché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull'essere umano nella sua totalità.
Vi possono essere singoli casi giustificati, ad esempio quando una prostituta utilizza un profilattico, e questo può essere il primo passo verso una moralizzazione, un primo atto di responsabilità per sviluppare di nuovo la consapevolezza del fatto che non tutto è permesso e che non si può far tutto ciò che si vuole. Tuttavia, questo non è il modo vero e proprio per vincere l'infezione dell'Hiv. È veramente necessaria una umanizzazione della sessualità.
(Benedetto XVI, dal libro-intervista "Luce del mondo")
http://topgonzo.wordpress.com/2010/11/20/caute-aperture-del-sig-papa/
RispondiEliminasaluti
A disumanizzare la sessualità è chi la svilisce ad atto mercificabile, ma anche chi la considera un aspetto della persona da sopprimere completamente (Paolo di Tarso) e chi la considera un peccato se non orientata esclusivamente alla procreazione all'interno del matrimonio.
RispondiEliminaQuello che ha detto Ratzinger, se l'ha detto davvero, è tardivo, parziale e incoerente con quanto diceva fino a ieri.
E' certo positivo che la Chiesa inizi a ravvedersi, ma ciò non toglie che, ancora una volta, si è dimostrata una forza socialmente retrograda.
Sei poco informato: l'argomento in realtà era dibattuto da anni all'interno della chiesa, e mai affrontato sul piano magisteriale. Evidentemente il Papa ha cominicato a sbilanciarsi, intanto in una semplice intervista, per rompere il ghiaccio.
RispondiEliminaLa Chiesa si sa, arriva sempre "tardi". Perché i suoi tempi non sono quelli umani.
Certo che se ne è potuto discutere, ma la posizione ufficiale non è mai stata quella di Ratzinger (le posizioni di altri esponenti contano poco, sono quelle del Papa che mi interessano in questo momento).
RispondiEliminaQuanto alla battuta dei tempi non umani, quali che siano quelli della Chiesa, sono sempre in ritardo rispetto a quelli della società. Strano, per un'organizzazione che dovrebbe essere guidata dallo Spirito Santo...
Bravissimo: le virtù cardinali comprendono anche la prudenza e prima ancora di essere virtù cristiane, sono infatti virtù umane: fu platone a enumerarle per primo.
RispondiEliminaDi quale organizzazione stai parlando? Non conoscto alcuna organizzazione guidata dallo Spirito Santo.
Ma la Chiesa non mantiene un atteggiamento prudente, bensì conservatore, e le due cose non coincidono, considerato che quelle posizioni conservatrici sono assunte con assoluta intransigenza, non con prudente dubbio. Ma tanto, a quanto pare, si è trattato di un errore di traduzione: Ratzinger parlava di prostituzione maschile, non femminile...
RispondiEliminaQuanto allo Spirito Santo, scusami, devo essermi sbagliato: evidentemente non c'entra nulla con la Chiesa cattolica (ironia).